PALERMO – Nella caverna dell’orrore di Roccamena ci sono certamente i resti di quattordici cadaveri. Due in più di inizialmente trovati. Si tratta di undici uomini adulti e due bambini. Sono le conclusioni a cui sono arrivati gli esperti della scientifica. Potrebbero, però, essere molti di più. Mentre vengono avviati i confronti con il Dna dei parenti della persone scomparse, si dovrà valutare se continuare a scavare nel pozzo degli orrori. Un pozzo dove sono finite le vittime della lupara bianca fra gli anni ’50 e 70. Morti ammazzati dalla mafia. Figli di boss uccisi per punire i padri, di cui esistono scarse notizie negli annali di cronaca.
In questi mesi sono stati prelevati decine di campioni di Dna per confrontarli con quelli prelevati in contrada Casalotto. Teschi, ossa e indumenti. Ci sono anche scarpe di modello diverso e dei bossoli di fucile. Un ritrovamento, quest’ultimo, che spinge gli investigatori a ritenere che si tratti di morti ammazzati.
Chi sono i due ragazzini? Le indagini dei carabinieri del Gruppo Monreale e della Procura della Repubblica si sono concentrate su tre vittime. Per alcune è stato necessario fare uno sforzo di memoria, oltre che investigativo, per strapparle all’oblio.
Se l’intuizione investigativa risulterà corretta allora ci si troverebbe di fronte ad un cimitero di mafia. Una foiba di Cosa nostra dove venivano sepolti cadaveri uccisi anche lontano da Roccamena. Come se si fosse sparsa la macabra voce che da quelle parti esisteva un luogo sicuro dove disfarsi dei cadaveri. Un luogo che ricadeva sotto l’egida di Bartolomeo Cascio, patriarca di Roccamena, fedelissimo dei corleonesi, morto alcuni mesi fa. Non è casuale che la fonte confidenziale che ha condotto i carabinieri nella caverna abbia deciso di rompere il silenzio subito dopo la morte del capomafia.