La partita nel centrosinistra per le prossime amministrative di Palermo è più aperta che mai. Qualcuno l’ha paragonata ad un Vietnam, qualcun altro a una guerra fratricida che rischia di far perdere elezioni già vinte in partenza. La verità è che sul capoluogo siciliano si sta giocando una delicata sfida a scacchi, i cui pezzi vengono mossi direttamente da Roma.
Fra giovedì e venerdì, dovrebbe tenersi un incontro fra i partiti e i movimenti del centrosinistra. L’obiettivo è chiaro: far saltare le primarie e convergere tutti sul nome di Rita Borsellino. E’ lecito domandarsi perché, nel pieno della tempesta, dovrebbe andare a buon fine un tentativo naufragato mesi or sono ad acque tranquille. Le risposte sono due: la disponibilità di Leoluca Orlando a scendere a patti e gli ordini impartiti direttamente dalla capitale. L’Idv, dalla sera alla mattina, ha stravolto la sua posizione. Se fino a domenica riteneva “inaccettabile” l’invito di Lupo e Di Girolamo a un ritrovato dialogo, ieri ha cambiato idea. Merito di Sel, che ha fatto da pontiere, ma soprattutto merito di scelte nazionali.
Orlando, secondo i rumors, avrebbe chiesto e ottenuto un ministero in un eventuale governo del centrosinistra. D’altro canto, l’ex sindaco della primavera incasserebbe già il risultato di far saltare le primarie, cosa che va ripetendo da tempo, e sarebbe difficile non fare concessioni sulla candidatura. Anche perché, al famoso tavolo, si troverebbe in minoranza di fronte a Lupo e vendoliani che sostengono la Borsellino. Ma alla conversione sulla via di Damasco avrebbe contribuito anche la sintonia tutta romana tra Nichi Vendola e Antonio Di Pietro. Se è vero come è vero che il Pd nazionale punta tutto sulla Borsellino, tagliando di fatto i ponti con il Terzo polo, sarebbe complicato per l’ex magistrato di Tangentopoli non appoggiare la candidatura dell’eurodeputata.
E passiamo al piatto forte: il Pd. Antonello Cracolici, in un’intervista all’edizione locale de “La Repubblica”, ha esplicitamente parlato di un eventuale “disimpegno” dal partito nel caso in cui saltino le primarie. Una minaccia, più che una concreta prospettiva, che però rivela il nervosismo che attraversa in queste ore i democratici filogovernativi. Bersani appoggia Lupo e spinge per candidare la Borsellino senza passare dai gazebo, conscio del fatto che ricompattare il centrosinistra a Palermo, la quinta città d’Italia, aiuterebbe le alleanze a livello nazionale in vista delle prossime elezioni.
Ma in tutto questo, Lumia e Cracolici non stanno a guardare. Il pericolo di un nuovo caso “Bagheria”, ma stavolta ripetuto in grande, è concreto: allora si spaccò in due il partito, con il risultato che nessuno usò il simbolo ufficiale e il Pd non ci fece una gran bella figura. Per questo i filogovernativi lavorano sottotraccia per disarcionare Lupo e sostituirlo con un uomo di fiducia, appoggiati dalla corrente Innovazioni. Candidare la Borsellino, infatti, potrebbe far saltare la maggioranza all’Ars e vanificare l’alleanza col Terzo polo su cui hanno speso tante energie e che vedono come unica possibilità di vittoria alle prossime elezioni.
Non bisogna dimenticare il ruolo della direzione provinciale del Pd, l’unico organismo, per Statuto, autorizzato ad annullare le primarie di partito con almeno il 60% dei voti. Impresa ardua, considerando che lì tutti i big democratici hanno i propri uomini. Ma la direzione diverrebbe determinante anche in caso di scelta del candidato senza i gazebo: sarebbe sempre quest’organo a dover indicare esplicitamente la Borsellino e Lupo non ha, in questo momento, i numeri per farlo. Restano, poi, Faraone e Ferrandelli. Il primo ha fatto sapere che non si candiderà al primo turno se non si faranno le primarie, il secondo sembra convinto di continuare. Ma con il concreto rischio di divenire il candidato di un’area del Pd che lo userebbe solo per picchiare duro sul segretario, lavorando nel frattempo a un accordo sul nome della Chinnici.