di D’ARTAGNAN
C’era una volta un moralizzatore. Si chiamava Massimo Russo, veniva dalla magistratura e raccontava in giro di essere un duro e puro. Dopo avere dato al Governatore di Sicilia cavalleresche prove di obbedienza e devozione, ottenne la reggenza del feudo più ricco: quello della Sanità. Ma fu travolto dai suoi peccati. I sette peccati mortali che qui di seguito raccontiamo.
L’omissione. Ogni volta che il destino lo ha messo di fronte ai propri errori o alle proprie responsabilità, il Moralizzatore ha puntualmente sostenuto che il disastro della Sanità era colpa di Cuffaro e del cuffarismo. Ma ha omesso sempre di ricordare che l’assessore al ramo, ai tempi del reprobo Totò, era Giovanni Pistorio, suo amico e sodale, ma soprattutto l’uomo che lo ha presentato al governatore Lombardo. Con le garanzie che nascevano da una lunga e consolidata frequentazione.
La vanità. Per non sporcarsi le mani con il vile denaro, il Moralizzatore ha chiamato l’appello di tutti quelli che la sua gestione ha, direttamente o indirettamente, beneficiato. E gli sventurati hanno risposto finanziando, nella qualità di sponsor, l’impudico Forum del Mediterraneo. Un appuntamento internazionale, costato oltre quattrocento mila euro, che avrebbe dovuto celebrare le economie e le eccellenze introdotte dal vanitoso assessore. La processione dei genuflessi, ovviamente, era aperta dalla Johnson&Johnson, la multinazionale che ha fatto incetta di appalti e forniture.
L’imprudenza. Quando è esploso lo scandalo di Pino Giammarinaro, l’ex deputato regionale dell’Udc che aveva le mani nella sanità del Trapanese, il Moralizzatore si è affrettato a prendere le distanze. Ha dimenticato però di dire che lui, con Giammarinaro, c’era andato a braccetto durante la campagna elettorale per il sindaco di Mazara del Vallo. Il Moralizzatore, nella sua qualità di militante dell’Mpa, aveva stretto con l’ex deputato centrista un’alleanza politica. E ciò nonostante, come pubblico ministero, lo avesse qualche anno prima inquisito per mafia.
L’alterigia. Quando non ha avuto argomenti per controbattere le tesi di un sindacato o di una controparte, il Moralizzatore ha preferito sfuggire al confronto. E’ successo a proposito del decreto con il quale, d’intesa con il Governatore, voleva elargire l’ennesimo favore alle care cliniche private, i cui rappresentanti sono determinanti all’Ars per puntellare la traballante giunta. Per evitare contestazioni il Moralizzatore ha scelto di scavalcare la sesta commissione di Palazzo dei Normanni. Ma la decisione è risultata indigesta persino al presidente Giuseppe Laccoto che, per grazia ricevuta, ha sempre mostrato nei confronti dell’assessore una riconoscente riverenza.
L’ignavia. Se annusa brutta aria, il Moralizzatore si incarna nelle tre scimmiette: non vede, non sente, non parla. Quando si è inaugurato il Pta di Giarre, quello che doveva sancire la santa alleanza tra Lombardo e la senatrice Anna Finocchiaro, l’assessore era lì a tagliare il nastro. Ma quando la libera stampa ha tirato fuori lo scandalo l’ardimentoso Moralizzatore si è nascosto dietro il dito: c’ero ma non sapevo. Comunqure ha annullato la delibera, ma si è guardato bene dal rimuovere in manager dell’Asp che ci aveva provato.
La presunzione. Il Moralizzatore non accetta critiche nemmeno dal ministro. Ricordate? Ferruccio Fazio si è permesso di ricordare che la sanità siciliana zoppica? L’assessore ha replicato con gli insulti. E’ il suo metodo. I giornali documentano il degrado di pronto soccorso e ospedali, spesso sotto il livello del terzo mondo? Insulti anche per i giornali. L’Asp di Palermo presenta bilanci che fanno acqua da tutte le parti? Altri insulti. Ma non per il manager Cirignotta. Perché anche Cirignotta è un magistrato. E dunque intoccabile. Come Russo, il Moralizzatore.