21 Marzo 2021, 06:36
3 min di lettura
PALERMO- Se incontrate Chiara, non pensate mai che lei coincida soltanto con la sua malattia. E non pensatelo di nessuno che abbia un cuore, una testa e una bellezza da mostrare. Chiara Lo Coco, diciotto anni, studentessa palermitana del liceo linguistico ‘Cassarà’, ha un sorriso che fa rumore, infatti, al telefono, ne avverti il fruscio, e occhi che sanno scrutare lontano. Combatte contro patologie rare. E qui racconta la sua storia.
“Sì, ho diciotto anni e studio con molto impegno. Se ho una prospettiva è grazie alla mia determinazione e alla scuola che ha creduto in me. L’eccellenza non è una meta, ma un’abitudine. Voglio ringraziare, in particolare, il professore Salvatore Ingroia perché mi conosce e sa raccontarmi e la preside Daniela Crimi perché ripone la sua fiducia in me. Sto male da tanto, ma le diagnosi tardano ad arrivare. Mi è stato diagnosticato un disturbo dello spettro ipermobile con sofferenza neurogena e sono stata inquadrata nello spettro autistico. Si sta indagando sulle sindromi di Ehlers-Danlos in overlap con disturbi neurologici ad ampio raggio, in quella che ad oggi chiamano ‘una macedonia genetica’. Un corpo con la sindrome di Ehlers Danlos è come un palazzo costruito con il cemento liquido: fragile e soggetto a crolli improvvisi, ma difficile da vedere dall’esterno”.
“Sono preda di forti dolori – racconta Chiara – e di una condizione clinica che ad oggi nessun medico è stato in grado di definire a trecentosessanta gradi. Devo aiutarmi con la sedia a rotelle. Anche frequentare le lezioni non è stato semplice. Per tanti giorni non potevo nemmeno alzarmi dal letto. I miei professori sono stati fantastici, mi hanno proposto un piano didattico personalizzato. E sono riuscita ad andare avanti”.
Chiara studia con passione, puntando al diploma e al percorso che verrà dopo. Dice di lei, la preside Daniela Crimi: “E’ una ragazza brillante e generosa. Sono sicura del fatto che ne sentiremo parlare”.
Questa ragazza dal sorriso sonoro sta già frequentando un corso per diventare coach professionista dell’International Coaching Federation. Sarà fantastica nel supporto alle persone disabili.
“Mi ha molto aiutato – spiega – conoscere una community globale di persone con disabilità. Per lo scambio di informazioni e di esperienze di unici esseri umani, accomunati da vissuti simili: una fortuna, specialmente per chi ha una malattia cronica e rara. Cosa farò? Collaborerò con chi vorrà lavorare sulla sua stessa consapevolezza secondo il codice etico e le competenze del coaching professionale di ICF. Sarò uno specchio, e attraverso la partnership, condurrò un’esplorazione guidata dove sarà il cliente il protagonista e fautore della sua stessa evoluzione, per far emergere il proprio potenziale e i propri strumenti al fine di imparare a porsi e raggiungere degli obiettivi sostenibili. Il problema della disabilità è dato dal mondo che c’è intorno. Dall’esclusione, dalla compassione, dall’indifferenza, dall’incapacità, ma il più delle volte dall’ignoranza. Per questo mi impegno anche nel mio progetto di advocacy per la disabilità e le malattie croniche. Io non sono solo la mia malattia, ma sono anche la mia malattia. Accettare significa avere il potere di trasformare. Il mio sogno a breve termine? Sono una persona fragile e vorrei essere vaccinata contro il Covid, anche se ci sono ancora troppi punti interrogativi sul quadro clinico e di conseguenza non sono riconosciuta come invalida civile. Mi reco in ospedale per la riabilitazione e sono un soggetto complesso, ma anche a rischio”.
Quando incontreremo Chiara, domani, e la incontreremo tutti perché, davvero, ne sentiremo parlare, dovremo guardarla negli occhi che riassumono l’interezza della sua anima. E poi scusarci delle parole che non sapremo pronunciare nel modo giusto, stretti come siamo tra la compassione e l’indifferenza. Noi.
Pubblicato il
21 Marzo 2021, 06:36