Il raggio d’azione degli esattori del pizzo si allarga e punta il suo mirino verso gli studi professionali. “Sono della via Montalbo, mi mandano degli amici in comune, sapete che dovete pensare anche a noi”: queste le parole di Gaspare Messina, 32enne di via Centuripe, nel quartiere Borgo Nuovo, finito in manette per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, nei confronti di un avvocato e un commercialista della città. La vicenda risale alla scorsa estate, quando Messina ha fatto irruzione negli studi dei due professionisti, Luigi La Rosa e il legale Rosario Imbergamo. Le sue richieste sono iniziate a giugno e poi proseguite a luglio, nel corso delle quali la sua versione era sempre la stessa:
“Devo raccogliere i soldi per le famiglie dei miei amici carcerati, sto facendo una raccolta per loro”. Il commercialista e l’avvocato non si sono fatti intimorire e non hanno esitato a denunciare il tentativo di estorsione. Le due denunce sono arrivate ai carabinieri in un arco di tempo ravvicinato e presentavano numerosi punti in comune. L’autore delle due irruzioni aveva d’altronde agito con lo stesso modus operandi in entrambi gli studi professionali e i due episodi sono stati inclusi in un’unica indagine del Roni, il Reparto Operativo Nucleo Investigativo dei carabinieri, coordinato dal pm Sergio Demontis.Messina è così stato individuato nell’arco di pochi mesi tramite le fotografie di coloro che vengono definiti dei “cani sciolti” ed eventuali suoi complici sono ancora da individuare.
Ciò che hanno dichiarato le due vittime non aveva infatti suscitato alcun dubbio agli inquirenti perché risultato pienamente attendibile: “Quanto narrato dalle persone offese appare invero del tutto coerente – si legge nella richiesta di arresto firmata da Demontis e dal procuratore Leonardo Agueci – né emergono sentimenti di rancore o inimicizia nei confronti dell’indagato”. Ma il ruolo di Messina non sarebbe ancora chiaro: ha detto ai due professionisti di “essere della via Montalbo”, ma agli inquirenti non risulterebbe il suo coinvolgimento in episodi analoghi, né un eventuale collegamento alla cosca della zona. Potrebbe quindi trattarsi di una “nuova leva”, una delle tante sulle quali Cosa nostra tenta di ricostruire la sua rete di esattori del racket.
Le indagini proseguiranno anche sul fronte della consistenza di un fenomeno che sembra mietere sempre più vittime: negli ultimi mesi, infatti, gli uomini del racket avrebbero preso di mira anche medii, architetti, ingegneri. Un nuovo metodo per tentare di fare cassa, adottato, probabilmente, dopo le numerose denunce da parte di commercianti e imprenditori che si sono ribellati al pizzo. Nel frattempo, in merito alla vicenda arriva la solidarietà dell’Ordine dei commercialisti di Palermo: «Grande sostegno al collega Luigi La Rosa ed all’avvocato Rosario Imbergamo che hanno denunciato le richieste estorsive. E’ il segnale che si può e ci si deve ribellare ogni giorno al giogo del racket e della criminalità organizzata che soffoca l’economia sana e pulita della Sicilia”.
A dirlo il presidente Fabrizio Escheri, che aggiunge: “Un plauso va anche alla magistratura ed alle forze dell’ordine che con il loro costante impegno ed un’incisiva azione investigativa contribuiscono a far sentire la presenza dello Stato ai cittadini onesti. E’ un dovere morale denunciare il pizzo ed ogni atto illecito. “Ho già sentito – conclude Escheri – Francesco Greco, presidente del Consiglio dell’Ordine Distrettuale degli Avvocati di Palermo, per far partire, prima possibile, iniziative congiunte di supporto giuridico e psicologico ai professionisti che denunciano richieste estorsive. E’ un gesto concreto che vogliamo compiere per sostenere chi con coraggio dice no alle minacce di Cosa nostra”.