CATANIA. Ci sono stati i novanta minuti. Lo stadio ed i suoi colori, le sue tensioni ed il suo urlo di liberazione. C’è stato il Catania e c’è stata la vittoria.
Ma ad inizio partita dalla Curva Sud è partito un ricordo che ha messo i brividi. Che ha scosso la memoria che è divenuta, di colpo, presente. Coreografia e cori: tutti per Ciccio Famoso. Ricordato ieri al Massimino in un’atmosfera pulita e sincera.
“Ciccio è il capo degli Ultrà”, ricordava qualche tempo fa il sempre puntuale Giovanni Finocchiaro. Ed è vero. Ci voleva lui, “Ciccio Falange” per far cantare tutti. Capace di dar fuoco alle polveri della passione ed incendiare emotivamente anche chi per timidezza o pigrizia era più portato a seguire la battaglia del campo e basta.
Uomo di terra, di sangue e di cuore, Ciccio Famoso. Ci fosse stato ancora, ieri sarebbe stato ricoperto anche lui dalla gioia di ritrovare una squadra, una società ed un ambiente che pare avere ritrovato la strada. Di nuovo in cammino. Di nuovo allo stadio. Come ieri, per l’appunto.
Quello di Ciccio era probabilmente un calcio che non c’è più già da un pezzo. Divorato esageratamente dalla tv, dalla fretta, dai soldi.
Lui che ha vissuto gli anni delle battaglie (quelle vere) al Tar. Delle trasferte dappertutto e a ogni costo.
Come ricorda l’altrettanto puntuale avvocato Giuseppe Rapisarda: “Non ci sarebbe un domani comune, un comune destino, perdendo il senso di cosa eravamo, di ciò che siamo stati, da dove veniamo. Innamorati di una Idea prima ancora che di una squadra di calcio.
“Primi a nascere ultimi a morire” come ci ha insegnato Ciccio”.
Le giovani generazioni non hanno conosciuto Ciccio Famoso. Ma senza scomodare paragoni laicamente sacrileghi, verrebbe davvero da chiedere: “Chiedi chi era Ciccio Famoso”.
Un personaggio che nel suo essere pittoresco ma genuino ha tramandato tutta l’impronta della sua passione.