Oltre tremila agricoltori sono scesi in piazza questa mattina, a Palermo, guidati da Cia e Confagricoltura. Il doppio sit-in, davanti alla presidenza della Regione e alla sede centrale del Banco di Sicilia, in via Generale Magliocco, ha visto la partecipazione anche delle tre centrali cooperative, Legacoop Agroalimentare, Fedagri-Confcooperative e Agrital- Agci e di numerosi Comuni dell’Isola.
Le associazioni degli agricoltori contestano “l’assenza di interventi concreti per fronteggiare la difficile situazione congiunturale, ma anche il taglio di risorse nazionali e regionali, come il mancato rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale, strumento indispensabile per aiutare gli agricoltori a superare le difficoltà economiche causate dalle avversità atmosferiche che tra settembre e ottobre hanno pesantemente colpito vaste aree dell’Isola”.
Sull’entità della crisi Cia e Confagricoltura non hanno dubbi: i costi di produzione, tra il 2000 e il 2008, hanno subito l’aumento del 31%, mentre nello stesso arco di tempo i prezzi all’origine sono cresciuti di appena il 15%”. “La mancanza di interventi anticrisi e la conseguente battaglia sui prezzi – rilevano Cia e Confagricoltura – hanno penalizzato l’anello più debole della filiera agroalimentare con il concreto rischio di determinarne la scomparsa”. In particolare su 230 mila imprese attive in Sicilia, sono oltre 35 mila quelle a rischio chiusura nel 2009, per un totale di circa 3 milioni di giornate lavorative in meno e un taglio di 30 mila posti di lavoro.
“Negli ultimi cinque anni – ha detto il presidente della Cia Sicilia, Carmelo Gurrieri – l’ agricoltura siciliana ha perso oltre 50 mila aziende. Malgrado ciò, rimane ancora vivo un tessuto di circa 230 mila imprese, di cui oltre 110 mila iscritte nei registri delle Camere di commercio dell’Isola”. “Si tratta – ha spiegato Gerardo Diana, presidente di Confagricoltura Sicilia – di un tessuto produttivo che, senza considerare l’indotto, assicura ad oggi 15 milioni di giornate lavorative ad oltre 130 mila braccianti, producendo oltre 4,5 miliardi di euro di Plv (Produzione lorda vendibile)”. Una realtà che rischia di subire una riduzione di reddito tra il 15 e il 20 per cento. Tradotto: una perdita di ricchezza che oscilla tra i 700 e i 900 milioni di euro. Per questo le Organizzazioni di categoria chiedono la stabilizzazione degli sgravi contributivi; la riduzione dei costi di produzione eliminando le accise sui carburanti agricoli e riducendo l’Iva sui mezzi meccanici e sulle spese per gli investimenti produttivi; l’agevolazione della ristrutturazione delle passività agrarie e dell’accesso al credito agevolato con proroga delle cambiali agrarie, attuazione della normativa sulla ristrutturazione a medio e lungo periodo delle passività agrarie; l’aumento dei tetti previsti dalla normativa comunitario sul de minimis (il limite degli aiuti di Stato è di 7,5 mila euro in tre anni contro il minimo di 200mila euro per altri settori); l’immediata erogazione delle somme spettanti agli agricoltori per i premi comunitari e regionali e per i danni da calamità naturali; e l’approvazione di una legge per sostenere, favorire e incentivare la concentrazione dell’offerta e la promozione dei prodotti siciliani. Non di secondaria importanza, sottolineano ancora le due Organizzazioni, “è il rapporto con gli istituti di credito, assenti sia sul fronte del consolidamento delle passività onerose che su quello dei nuovi investimenti”.