PALERMO – “Sono stato preso dal panico e sono andato nel pallone”: racconta della paura per le continue intimidazioni subite e di avere preso la decisione di mentire sull’esplosivo, che gli venne recapitato, per evitare di coinvolgere i suoi familiari. Così Massimo Ciancimino, davanti al gup per detenzione di esplosivo insieme all’amico Giuseppe Avara, ha giustificato le contraddizioni e le menzogne scoperte dagli inquirenti che indagavano sul tritolo trovato nascosto nel giardino della sua casa palermitana.
Inizialmente Ciancimino, che indicò alla polizia dove erano i candelotti, raccontò di avere ricevuto l’esplosivo insieme a una lettera in cui si minacciava di morte il figlio a Palermo. Dalle indagini è emerso che la versione era falsa: la casa era sorvegliata dalle videocamere e nessuno era stato visto consegnare pacchi all’indagato. Solo in un secondo momento il figlio dell’ex sindaco mafioso, ha riferito di avere ricevuto il tritolo a Bologna, mentre era a casa del suocero e di averlo portato con la sua auto, seguito dalla macchina di scorta, fino a Palermo per disfarsene. “Non volevo coinvolgere i miei suoceri e mia moglie nella storia, per questo ho mentito”, ha detto. Di parte del tritolo si sarebbe disfatto, poi, l’amico, oggi suo coimputato. L’udienza, ripresa davanti a un nuovo gup, dopo il trasferimento del primo, è stata rinviata al 16 luglio, data in cui Ciancimino e Avara potrebbero decidere di scegliere il processo in abbreviato. I legali di Ciancimino, gli avvocati Francesca Russo e Roberto D’Agostino, hanno chiesto di acquisire la documentazione che riguarda nuove minacce indirizzate a Ciancimino.