Il processo sulla trattativa | "Dai primi contatti al papello" - Live Sicilia

Il processo sulla trattativa | “Dai primi contatti al papello”

Massimo Ciancimino nella sua deposizione di giovedì

Massimo Ciancimino torna nell'aula bunker del carcere Ucciardone per il secondo giorno consecutivo. Falcone, l'omicidio Lima, Capaci e il 'papello' alcuni dei tasti toccati. La deposizione di ieri: "Messina Denaro? Un cretino". 

CIANCIMINO ATTO SECONDO
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PALERMO – Il racconto di Massimo Ciancimino entra nel vivo della presunta Trattativa Stato-mafia. Il figlio dell’ex sindaco di Palermo, al secondo giorno del suo esame davanti alla Corte d’assise, parte dai primi ammiccamenti con i carabinieri e approda al papello.

“Il 29 giugno incontro il medico Antonino Cinà davanti al bar Caflish a Mondello. Mi consegna una busta che consegno a mio padre. La legge e dice, ‘il solito testa di Minchia’”. Quel foglio avrebbe contenuto l’elenco delle richieste di Riina per fermare le bombe dopo la strage di Capaci. Almeno così ha sempre sostenuto Ciancimino jr. Il padre, considerava “irricevibili” quelle proposte. Più che una trattativa, secondo l’accusa, il padrino corleonese pretendeva la resa dello Stato. 

I contatti erano cominciati, racconta l’imputato e testimone, “dopo Capaci. Mio padre era stupito. Diceva ‘questa non è mafia ma terrorismo’. A fine maggio incontro il capitano Giuseppe De Donno in aereo. Mi dice di convincere mio padre ad incontrarlo con il colonnello Mori (Mario Mori, ndr). Doveva essere un incontro per aprire un dialogo privilegiato con Riina e Provenzano. Ne ho parlato con mio padre. Ha voluto che avvertissi il signor Franco. Mio padre incontrò il signor Franco, poi Provenzano e infine Mori e De Donno vennero a casa nostra a Roma. La loro proposta era di fare consegnare Riina e Provenzano”.

Fra una risposta e un’altra, Massimo Ciancimino racconta del suo rapporto con il giudice Giovanni Facone. Lo definisce “affettuoso” perché “ha sempre trovato il tempo per ricevermi e aveva manifestato un’apertura nei miei confronti”. 

Poi, torna sui temi della Trattativa che sarebbe cominciata con l’omicidio di Salvo Lima, il 12 marzo del 1992. Mannino, che lo ricordiamo è stato assolto, preoccupato per la sua vita, avrebbe chiesto ai carabinieri di trattare: “Mio padre incontrò nel 1992 Provenzano in uno studio dentistico a Palermo. Poi, mi raccontò che Provenzano gli aveva detto che Riina era impazzito. Aveva deciso di tagliare i rami secchi e che l’omicidio Lima era solo l’inizio. Mi disse che Provenzano era preoccupato. E lo era pure mio padre che considerava Riina aggressivo, un animale”. Secondo quanto avrebbe appreso Ciancimino jr dal padre, altra gente doveva morire: “Mi parlò di un elenco di persone che Riina voleva eliminare. Politici, magistrati, altri soggetti. Nella lista c’era il nome di Vizzini. Per mio padre era una follia. Diceva che l’azione repressiva dello Stato sarebbe stata massacrante per tutti. Provenzano addirittura si era attivato affinché si spargesse le voce che fosse morto, voleva andare in Germania. Mio padre gli disse che non poteva defilarsi. Aveva delle responsabilità. Se Riina era arrivato a questo punto la colpa era anche sua”.

Riina che, secondo le parole che il figlio attribuisce all’ex sindaco mafioso di Palermo, non era in grado di gestire la strategia della Trattativa. Qualcuno doveva averlo manovrato.

 


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