CATANIA – Lo hanno immobilizzato e gli hanno coperto la bocca con del nastro adesivo. E mentre si facevano consegnare 2500 euro lo hanno avvertito: “Vuoi vivere tranquillo? Cercati la protezione”. È l’estate del 2013 e i “Carcagnusi” di Lineri sono partiti da Misterbianco alla volta di Augusta per mettere a segno un colpo ai danni di un compro oro. Una rapina programmata e pianificata con appostamenti e sopralluoghi. Tutto con scambio di messaggi e dialoghi, puntualmente intercettati dalla polizia. Il commerciante è stato preso di mira e poco dopo ha subito un’altra rapina. La terza è fallita solo perché la vittima ha riconosciuto i volti dei rapinatori. Le stesse facce che poi ha identificato in foto durante l’interrogatorio effettuato dalla Squadra Mobile di Catania. Le facce sono quelle di Francesco Renda e Giuseppe D’Agostino, classe 1974.
È solo uno degli episodi criminali di cui si sarebbero macchiati gli imputati del processo, figlio della maxi indagine Enigma che ha azzerato il gruppo mafioso dei Carcagnusi di Lineri, diretti – secondo la magistratura – da Costantino “Nuccio” Grasso. Referente che comunque doveva rendere conto al capo indiscusso della cosca, Nuccio Mazzei (figlio dell’uomo d’onore Santo). Il pm Rocco Liguori, oggi nell’aula Bunker di Bicocca, ripercorre passo dopo passo la lunga indagine e cita una miriade di intercettazioni che hanno permesso di ricostruire gli affari e le azioni criminali del gruppo mafioso dei Mazzei che aveva la sua roccaforte nella frazione misterbianchese di Lineri. Il gruppo avrebbe potuto contare su Giuseppe D’Agostino, classe 1981 di Brucoli, cugino dell’omonimo catanese. E in quel di Brucoli i Carcagnusi tentano, più volte, un colpo alle poste. Nei dialoghi intercettati si parlava di martelli, frese. Tutti gli strumenti per bucare la parete e fare irruzione nell’ufficio postale. Ma i rumori hanno destato l’attenzione di alcuni residenti che hanno avvertito il direttore e sul posto sono arrivati i poliziotti. “Ci sono i puffi”, hanno affermato nei momenti concitati gli imputati intercettati. “Alla fine hanno rinunciato”, spiega il pm al Tribunale presieduto dalla giudice Maria Pia Urso.
L’input investigativo dell’inchiesta è dato da un block notes sequestrato a Nuccio Grasso. Fogliettini dove sono state appuntate le entrate e le uscite del gruppo mafioso. Da una parte gli incassi relativi alle estorsioni, già approfondite dal magistrato nella prima parte della requisitoria, dall’altra i pagamenti degli stipendi agli affiliati e ai detenuti. “Le uscite ammontavano a circa 30 mila euro ogni mese. E inoltre c’erano appuntate le spese per uova pasquali, colombe o panettoni”. Regali, in perfetta tradizione mafiosa. Nuccio Costantino Grasso è finito in carcere per droga. I colloqui con i familiari sono intercettati. E in quelle conversazioni – secondo il magistrato della Dda – ci sarebbe l’ammissione della sua appartenenza alla famiglia Mazzei. Il figlio lo ha rassicurato che Lucio (Lucio Stella, cugino del capomafia Nuccio Mazzei) gli aveva garantito che tutto era sistemato e che se prima lui aveva pensato agli altri, adesso c’era chi pensava a lui. Poi parlando con la moglie gli ha annunciato di aver chiesto il trasferimento a un altro braccio del carcere. Perché dove si trovava “c’erano altri parenti”. “Vi assicuro che non c’erano familiari – argomenta Liguori – è chiaro il riferimento agli affiliati”. E Grasso ha spiegato alla moglie “che gli italiani devono stare con gli italiani e gli americani con gli americani”. Anche questa volta il riferimento secondo Liguori è alle famiglie mafiose.
Nuccio Grasso è finito ai domiciliari. E la sua casa è diventata il punto di riferimento del gruppo criminale: per la spartizione dei soldi, per discutere di eventuali strategie, per contabilizzare gli incassi delle estorsioni. Cimici e telecamere hanno immortalato diverse riunioni. E i soldi, poi, dovevano finire tutti nella “pignata”, così è definita la cassa comune della cosca.
Un ruolo decisivo lo ha sempre Nuccio Mazzei che nelle intercettazioni è definito “u nicu”, “u picciriddu”, il piccolo, per distinguerlo da Nuccio Grasso. Molte volte gli affiliati sono andati in via Belfiore nel rione San Cristoforo di Catania, dove abita Mazzei e quartier generale della cosca. Zona denominata il “traforo”. Il figlio di Santo Mazzei ha sempre l’ultima parola: il gruppo ha programmato di mettere sotto estorsione un ortofrutta di Mascalucia. Ma alla fine il progetto non è portato a termine perché Nuccio u carcagnusu avrebbe posto il suo veto. La linea di comando però è ben delineata. È ben spiegata da Gaetano Pellegrino, u funciutu, condannato nel processo Ippocampo per associazione mafiosa e fratello del candidato sindaco Riccardo, nel corso di un dialogo intercettato. Parlando con Nuccio Grasso, Tano ‘u funciutu’ chiarisce che “i ragazzi di Lineri non potevano ogni 5 minuti chiedere a Nuccio Mazzei e che invece dovevano riferire a lui”.
I “Carcagnusi” di Lineri avrebbero anche gestito un giro di droga non solo a Catania ma anche in altre province siciliane. La mente criminale del traffico di stupefacenti sarebbe stato Giuseppe D’Agostino, classe 1974. Le dichiarazioni dei pentiti Davide Seminara, ex soldato dei Santapaola, e Luciano Cavallaro, esponente dei Tuppi di Misterbianco, alleati dei Carcagnusi, infine blindano le indagini.
Il pm Rocco Liguori non fa sconti. Le richieste di pena sono durissime. Trent’anni per Costantino Grasso e Giuseppe D’Agostino (classe ’74), 28 anni per Francesco Renda, 27 per Alfio Grazioso, 24 per Diego Andrea Cutuli. Per il capomafia Nuccio Mazzei il magistrato ha chiesto 19 anni di reclusione. Per gli altri imputati le pene richieste vanno dai 14 anni ai 3 anni.
LE RICHIESTE DI PENA. Guido Acciarito, 9 anni, Giuseppe Avellino, 14 anni, Paolo Cosentino, 9 anni e 6 mesi, Salvatore Cosentino, 12 anni, Andrea Diego Cutuli, 24 anni, Giuseppe D’Agostino (classe ’74), 30 anni, Giuseppe D’Agostino (classe ’81), 6 anni, Salvatore Di Gregorio, 9 anni, Concetto Ganci, 9 anni, Costantino Grasso, 30 anni, Domenico Grasso, 14 anni, Alfio Grazioso, 27 anni, Sebastiano Mazzei, 19 anni, Giovanni Papa, 12 anni, Francesco Renda, 28 anni, Daniele Di Mauro, 5 anni e 6 mesi, Mirko Antonino Santonocito, 9 anni e 6 mesi, Giuseppe Chinnici, 5 anni e 9 mesi, Giovanni Miuccio, 7 anni e 7 mesi, Francesco Terranova, 3 anni. Chiesta, infine, l’assoluzione di Umberto Giusti.