CATANIA – Arrestati i vertici del clan Cappello, gli investigatori hanno scoperto e azzerato la nuova cupola della pericolosa associazione criminale, che nel 2009 aveva tentato la sua ascesa dichiarando guerra direttamente ai Santapaola.
Un’operazione imponente quella della Squadra Mobile, guidata da Antonio Salvago, con 30 arresti (uno è latitante) e una serie di sequestri di compendi societari e aziendali da milioni di euro. I Cappello Bonaccorsi avrebbero preso il controllo di diversi filoni economici e imprenditoriali e non solo a Catania.
Ma andiamo per ordine. La Squadra Mobile ha eseguito, su delega della Dda di Catania, “un’ordinanza in materia di misure cautelari personali e reali nei confronti di 30 persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso (clan Cappello-Bonaccorsi), con l’aggravante di essere l’associazione armata, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio delle medesime, estorsione, esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e intestazione fittizia di beni”. Come detto, il blitz della Mobile e dello Sco ha consentito “di disarticolare la cosca mafiosa Cappello – Bonaccorsi decapitandone i vertici”.
Coinvolto nella maxi inchiesta Giuseppe Salvatore Lombardo, come si vede nel video (GUARDA QUI) diffuso questa mattina alla stampa dalla polizia. Oltre a Massimiliano Salvo, figlio di Pippo U Caruzzeri, responsabile della città dei Cappello Carateddi, insieme a Calogero Balsamo, responsabile per i paesi.
Gli affari illeciti del gruppo criminale. Al primo posto, la droga. I poliziotti hanno scoperto un fiorente traffico di sostanze stupefacenti con il controllo di numerose “piazze di spaccio” a San Cristoforo e Librino ed in diversi comuni della provincia di Catania. Si rileva una certa espansione della cosca, magari con la nuova strategia della partnership con altre consorterie mafiose.
Le attività economiche dei Cappello. La polizia ha eseguito sequestri in provincia di Catania ed in altre città siciliane, e anche in Calabria e Campania. Finiscono sotto il controllo dello Stato diverse società “nel settore della raccolta rifiuti imprese per la gestione di bar, ristoranti e pizzerie nel settore dell’abbigliamento per un valore complessivo di svariati milioni di euro”.
I NOMI DEGLI ARRESTATI.
1. Calogero Giuseppe Balsamo (cl.1960), pregiudicato;
2. Massimiliano Balsamo (cl. 1975), pregiudicato;
3. Salvatore Balsamo (cl. 1985), pregiudicato;
4. Giovanni Bruno (cl.1958), pregiudicato;
5. Sebastiano Calogero (cl.1985), inteso “u picciriddu”, pregiudicato;
6. Andrea Cambria (cl.1963), pregiudicato, già detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Agrigento;
7. Maria Rosaria Campagna (cl.1969), pregiudicata;
8. Giovanni Catanzaro, (cl.1965), inteso “u milanisi”, pregiudicato;
9. Carmelo Di Mauro (cl. 1986), pregiudicato;
10. Orazio Di Mauro (cl.1982), pregiudicato;
11. Carmelo Gianninò (cl.1963), pregiudicato;
12. Domenico Greco (cl.1975), inteso “u ciociu”, pregiudicato;
13. Giuseppe Guglielmino (cl.1974), pregiudicato, già sottoposto agli arresti domiciliari per altra causa;
14. Carmelo Licandro (cl.1971), inteso “Melu fungia”, pregiudicato;
15.Giuseppe Salvatore Lombardo (cl.1967), inteso “Salvuccio ‘u ciuraru”, pregiudicato, Sorvegliato Speciale di P.S;
16. Mario Lupica (cl.1966);
17. Emanuele Giuseppe Nigro (cl.1982);
18. Giuseppe Palazzolo (cl.1966), inteso “Pippo ca’ lente”, pregiudicato;
19. Giuseppe Piro (cl.1991) pregiudicato;
20. Giovanni Matteo Privitera (cl.1967), inteso “Peri ‘i iaddina”, pregiudicato;
21. Antonio Fabio Rapisarda (cl.1987) già detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Catania – “Piazza Lanza”;
22. Giuseppe Ravaneschi (cl.1969), inteso “Pippo pilu russu”, pregiudicato;
23. Claudio Calogero Rindone (cl.1981);
24. Salvatore Massimiliano Salvo (cl.1982), inteso “Massimo ‘u carruzzeri”, pregiudicato;
25. Antonio Scalia (cl. 1987);
26. Santo Strano (cl. 1966), inteso “facci ‘i palemmu”, pregiudicato, già detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Voghera (PV);
27. Tommaso Tropea (cl.1964), inteso “Racci”, pregiudicato;
28. Mario Ventimiglia (cl.1986), pregiudicato;
29. Luigi Sebastiano Vinci (cl.1975);
30. Nunzia Zampagliene, (cl.1977), intesa “Nancy”.
E’ servito un anno e mezzo per poter eseguire la misura di custodia cautelare in carcere. La richiesta della Dda è partita a luglio del 2015, mentre l’inchiesta riguarda un arco temporale che fotografa le azioni criminali dei Cappello Bonaccorsi dal 2012 al 2014. La cupola, che avrebbe preso le redini del clan dopo l’arresto dei capimafia Giovanni Colombrita, i fratelli Bonaccorsi, Sebastiano Lo Giudice e Orazio Primiera, sono Santo Strano (coinvolto nella strage di Catenanuova) Giovanni Catanzaro, Giuseppe Salvatore Lombardo (a loro tre è contestato il ruolo di capo promotore), Massimiliano Salvo e Calogero Balsamo.
Salvo U Caruzzeri sarebbe stato – come emerge dalle intercettazioni – il “responsabile per la città” mentre Balsamo era il “responsabile per i paesi”. L’espansione criminale è alla Piana di Catania, al calatino e all’hinterland pedemontano. Ma anche nelle province di Siracusa, Enna e Caltanissetta. Balsamo, con l’aiuto del figlio Salvatore, controllava il traffico di droga nella zona di Ramacca e di Motta Sant’Anastasia. In città (con piazze di spaccio a San Cristoforo e Librino) invece lo smercio di stupefacenti era controllato da Catanzaro, Salvo con l’aiuto di Tropea e Ventimiglia. Quest’ultimo volto noto dei Cappello, per essere una sorta di “armiere” del clan.
Ma il capo indiscusso sarebbe Turi Cappello (classe 1959), il capomafia in gattabuia da oltre 20 anni e ristretto al regime del 41 bis. Il ruolo di “vertice” lo avrebbe assolto grazie alla storica compagna che avrebbe avuto un ruolo operativo e addirittura decisionale. Maria Rosaria Campagna. che vive a Napoli, sarebbe stata l’anello di congiunzione tra il boss e le squadre operative di Catania, città che frequentava assiduamente. A Napoli la donna aveva messo in piedi un’attività di bar che oggi è finita sotto sequestro preventivo. Tornando al ruolo di Salvatore Cappello, il Gip ha “condiviso lo scenario accusatorio” ed ha quindi ritenuto – come prospettano gli inquirenti – che il regime di 41 bis non avesse ostacolato la sua capacità di dirigere la cosca.
Roberto Feri è un imprenditore lombardo del settore fotovoltaico che stava realizzando un impianto a Belpasso. Il suo cantiere sarebbe stato bersaglio di estorsioni, ma pian piano da “vittima” Feri diventa un “carnefice” che si rivolge ai Cappello per ottenere dei vantaggi. Per il Gip si tratta di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, ma la Procura aveva contestato il reato di “estorsione”. Il contatto dell’imprenditore è Balsamo e la sua squadra, che poi erano gli stessi che avevano rubato alcuni mezzi e materiale nel 2011. I Cappello sarebbero “serviti” per recuperare un credito da un’impresa di 6 milioni di euro. Rapporti che avrebbero consentito alla cosca di infiltrarsi nell’impresa ma anche di ottenere somme di denaro (la cosiddetta messa a posto) per Natale e Pasqua.
I Cappello Bonaccorsi avrebbero deciso di fare il salto “finanziario” e di diventare una cosca imprenditoriale. Ad attirare l’attenzione è il ciclo dei rifiuti e in questo quadro entra in gioco Giuseppe Guglielmino, che non solo è un imprenditore esperto nel settore ma anche – secondo la Procura – un appartenente alla Cosca. A lui sono riconducibili diverse aziende, anche se sono state intestate a presunti prestanome. Parliamo della “Geo Ambiente s.r.l.”, la “Clean Up s.r.l.” e la “Eco Businnes s.r.l.”, che sono state sequestrate. Le prime due si sono anche aggiudicate appalti a Catania, Siracusa e Ragusa. Guglielmino è riuscito – secondo la Procura per contatti diretti con le ‘ndrine – l’affidamento di lavori in Calabria. Il 28 ottobre 2012 però subisce un danneggiamento e l’incendio di due camion. “Facci i palemmu” interviene e sarebbe arrivata la garanzia a proseguire il lavoro.
GUGLIELMINO E IL SISTEMA DEGLI APPALTI