E’ stata definita la clinica dell’orrore. Lo scandalo dei farmaci non dati ai malati oncologici ha fatto indignare tutta Italia. Intanto, pur restando al centro delle polemiche (e di una corposa inchiesta giudiziaria), la clinica Latteri continua regolarmente tutte le attività ambulatoriali. In via Cordova questa mattina sembra che la bufera mediatica non sia mai esistita. La sensazione, appena arrivati, è di una tranquilla giornata di lavoro in una tranquilla casa di cure privata. Ma basta presentarsi in qualità di giornalisti e chiedere di parlare con Maria Teresa Latteri, responsabile della struttura, per veder trasformare sguardi affabili in espressioni estremamente infastidite. “Non c’è nessuno, la dottoressa Latteri non è in clinica” dicono dalla portineria. Si cerca allora il dottor Giuseppe Di Lisi, il direttore sanitario, ma la risposta è sempre la stessa. “Arrivederci” è il congedo lapidario, prima dell’invito ad accomodarsi fuori.
Ma per la clinica i cronisti restano una presenza indesiderata, anche nel momento in cui si piazzano fuori dalla struttura, sul marciapiede, in attesa di poter parlare con qualche paziente. Per una mezz’ora abbondante chiunque esca dalla casa di cure tiene un cellulare all’orecchio, anche se spesso l’impressione è che non si tratti di vere e proprie telefonate, ma di un modo come un altro per non farsi intervistare.
Qualcuno si lascia avvicinare, pur mantenendo la via del silenzio. C’è anche chi usa la classica formula degli interrogatori e liquida con un “mi avvalgo della facoltà di non rispondere”.
“Io sono una fisioterapista, lavoro qui – dichiara una dipendente della clinica Latteri – noi continuiamo a fare il nostro dovere con professionalità, come abbiamo sempre fatto. Questa brutta vicenda? Dall’interno la sensazione è che i media abbiano amplificato tutto. Ma con l’inchiesta ancora in corso credo non sia il caso di aggiungere altro”.
Un’anziana signora accompagna in macchina il marito, appena dimesso: “Non so niente, signorì – dice – no, non mi interessa cosa hanno scritto i giornali. Mio marito è stato ricoverato qui e adesso deve solo tornare a casa, non voglio aggiungere altro”.
Eppure la fiducia incondizionata nella struttura non c’è, anche da parte di chi affida ancora i propri parenti alla clinica: “La mia parente -dice un uomo uscito per fumare una sigaretta – è sempre stata trattata benissimo. Io non ho letto una riga di quello che è stato scritto, ma so perfettamente di cosa si sta parlando. A me non risulta niente di quello che emerge dall’inchiesta. Al contrario ho sempre riscontrato grandi professionalità. Fiducia incondizionata ne struttura? Finché la mia parente è viva (sorride, ndr), diciamo che ci fidiamo”.