CATANIA – Il sistema criptato dei messaggini d’amore non servì a depistare gli investigatori della Squadra Mobile che ricostruirono quasi un anno di traffico di droga tra la Spagna – Napoli e Catania. In manette, a maggio del 2013, finirono 17 persone legate al clan Cappello Carateddi. L’inchiesta definita Bisonte 2, nome dato dal marchio a fuoco sulla cocaina sequestrata, oggi è arrivata ad un epilogo giudiziario fondamentale: la sentenza di primo grado del Gup Daniela Monaco Crea.
Le pene inflitte sono pesantissime: da 20 anni a 8 anni di reclusione, in alcuni casi anche superiori a quelle chieste dai pm Tiziana Laudani e Pasquale Pacifico. La Squadra Mobile, con il coordinamento della Dda di Catania, era riuscita a disarticolare un’organizzazione che nonostante gli arresti dei “capi” Antonio Aurichella e Gaetano D’Aquino era riuscita a riorganizzarsi grazie all’intervento dei fratelli Querulo, che addirittura avevano ottenuto il supporto finanziario del figlio dei re dei supermercati, Giuseppe Bosco. La fotografia scattata dall’inchiesta, infatti, cristalizza i due filoni che si distinguono per i vertici, mentre sono perfettamente uguali per il sistema.
Tutto inizia dopo l’omicidio di Sebastiano Fichera, era il piccolo boss di Librino degli Sciuto Tigna ad avere i contatti con i napoletani. Dopo la sua uccisione (per questo c’è un processo in corso che vede come presunto mandante Biagio Sciuto) Antonio Aurichella ristabilizza i legami con i corrieri partenopei che periodicamente inviavano diverse partite di droga. L’ordine- come detto – avveniva attraverso lo scambio di messaggi telefonici criptati. Il codice di linguaggio era di tipo amoroso: scambi di sms affettuosi tra amanti o tra coniugi: per fissare l’appuntamento si scriveva: “Quando ci vediamo, amore?”, “Arriverò domani, tesoro”.
Lo stratagemma non ha funzionato: la Squadra Mobile il 18 giugno del 2009 ha sequestrato una partita di 30 chilogrammi di cocaina, insieme al regalo di 4 semiautomatiche, nascosti in un sottofondo di un tir bloccato al Casello di San Gregorio. In quell’occasione viene arrestato in flagranza il corriere napoletano Rocco Saverio Lo Sasso, detto Malboro. L’operazione Bisonte ha portato al fermo anche di Antonio Aurichella. Con la mente criminale in carcere il gruppo si è riorganizzato e la gestione del rifornimento di cocaina è stata affidata ai fratelli Santo e Domenico Querulo, il secondo dopo l’arresto di maggio è diventato collaboratore di giustizia (Per lui si procede con il rito ordinario). Le sue dichiarazioni hanno blindato il processo.
Prima di ripartire con le nuove spedizioni c’era però da pagare il danno subito dal sequestro dei 30 chili cocaina: 600 mila euro che dagli esiti investigativi risulta essere stato diviso “fifty fifty” tra i Cappello e i corrieri napoletani. Il prezzo della droga è stato fissato tra i 42- 43 mila euro al kg. A Napoli uno dei punti di riferimento è Antonio Carbone (riferente al gruppo dei Marano, scissionista degli Scampia): dal 22 ottobre 2009 a marzo 2010 l’imputato si sarebbe recato in Spagna per concludere le trattative per l’acquisto della droga venduta alla cosca Cappello.
LA SENTENZA. Antonio Aurichella, condanna a 20 anni di reclusione, Giuseppe Bosco, 8 anni e 4 mesi, Antonio Carbone, 13 anni e 4 mesi di reclusione e 30 euro di multa, Bruno Carbone, 20 anni di carcere, Gianpaolo Chianese, 11 anni e 8 mesi, Gaetano D’Aquino (collaboratore di giustizia) condannato a 10 anni, Gennaro Daniele, 9 anni e 8 mesi, Luigi De Martino, 9 anni e 8 mesi, Enrico Di Palma, 10 anni e 30 mila euro di multa, Maurizio Feleppa, 9 anni e 8 mesi, Anthony Concetto Gagliano, 8 anni e 8 mesi, Rocco Saverio Lo Sasso, 12 anni di reclusione e 30 mila euro di multa, Antonio Parisi, 9 anni e 8 mesi di reclusione, Santo Querulo, 15 anni e 4 mesi di reclusione, Giuseppe Soriato, 12 anni di reclusione. Assolto con la formula per “non aver commesso il fatto” Gaetano Bagnato.