PALERMO – Addio al deficit strutturale, ma i disallineamenti con le partecipate esplodono e per i prossimi 15 anni il comune di Palermo sarà costretto a fare i salti mortali per trovare 20,5 milioni di euro l’anno: un’eredità tutt’altro che leggera per i prossimi tre sindaci. La giunta Orlando ha approvato il bilancio consuntivo del 2019 che adesso andrà al vaglio dei Revisori dei conti (prossimi alla scadenza) e poi in consiglio comunale, ma intanto dalle parti di Palazzo delle Aquile si guarda al previsionale 2020, che si preannuncia tutto in salita anche a causa degli effetti della pandemia, e alla situazione finanziaria dell’ente nel prossimo futuro.
I segnali positivi, sia chiaro, non mancano. Piazza Pretoria, per esempio, è riuscita a uscire dalla condizione di deficitarietà strutturale che, tanto per fare un esempio, costringe un ente locale ad aumentare le tariffe per i servizi a domanda individuale come mense, asili e impianti sportivi. Il Comune, in poche parole, l’anno scorso è riuscito ad approvare più debiti fuori bilancio di quanto non avesse fatto nel 2018 rimanendo sotto la soglia dei cinque parametri stabilita per legge, anche se gli effetti del deficit si sentiranno sino alla fine del 2020.
“Il consuntivo 2019 conferma diversi dati positivi del ‘sistema Comune’ nel suo complesso, a partire soprattutto dal fatto che la condizione di deficit strutturale determinatasi nel 2018 era, come abbiamo sempre sostenuto, dovuta alle sopravvenuta e retroattiva modifica dei parametri operata dal ministero dell’Interno all’inizio del 2019 – commenta il sindaco Leoluca Orlando, che al momento detiene anche la delega al Bilancio – Altro elemento positivo è costituito dal consolidamento del sistema delle partecipate a garanzia dei servizi pubblici; nel 2019 sono state erogate alle aziende partecipate somme superiori a quelle previste da contratto di servizi essendosi provveduto a ripianare i debiti degli anni precedenti. Questo atto finanziario pertanto conferma un processo di messa in sicurezza del bilancio comunale e la gestione pubblica dei servizi”.
Le spese per affitti e bollette calano del 5% con un risparmio di 1,4 milioni di euro, i debiti fuori bilancio continuano a essere coperti (12 milioni nel 2019 contro i 32 del 2017), i pagamenti alle partecipate toccano quota 296 milioni di euro, ben 30 in più del valore dei corrispettivi visto che si vanno recuperando anche i debiti arretrati. E ancora il fondo rischi spese legali si riduce di otto milioni grazie a una ricognizione di Ragioneria e Avvocatura, aumentano di 48 milioni i fondi accantonati per i crediti di dubbia esigibilità e sono stati già accantonati anche i 20 milioni che si sarebbero dovuti trovare nel 2020 per coprire le perdite di Amat (4,4 milioni) e Rap (16,2). Tirando le somme, i conti nel complesso sono in equilibrio.
Ma accanto alle buone notizie, dal rendiconto 2019 ne arrivano anche di cattive. Il comune di Palermo, infatti, si conferma un pessimo esattore non riuscendo a riscuotere le tasse, tanto da aver rischiato il parere negativo dei Revisori sul riaccertamento dei residui. C’è poi il tema dei disallineamenti fra Palazzo delle Aquile e le sue società partecipate, un capitolo che sembrava ormai chiuso grazie alla direttiva del sindaco che impose gli stralci alle aziende, ma che è drammaticamente riesploso. Nel 2019 l’accantonamento che il Comune è stato costretto a fare per coprire i buchi ammonta a 125,9 milioni di euro, in crescita di quasi 50 milioni, ma bisogna pensare che nel 2017 l’accantonamento arrivata ad appena 28. In appena due anni, in pratica, l’amministrazione è stata costretta a mettere da parte 97,5 milioni per evitare nuovi buchi di bilancio, ma sottraendoli a spese e investimenti. Per esempio il Comune avrebbe potuto metterli nel Fondo crediti di dubbia esigibilità, accantonando appena 14 milioni l’anno anziché i 20,5 attuali. Un boom dovuto agli extra-costi dovuti a Bellolampo, alle spese per il percolato e a crediti riconosciuti ma privi di copertura finanziaria.
“Restano sicuramente alcune criticità, determinate da una normativa nazionale che, ancor di più in piena emergenza Covid-19, mostra la sua inadeguatezza, immobilizzando centinaia di milioni di euro per gli accantonamenti e che invece potrebbero sostenere interventi concreti per le famiglie e le imprese – continua il sindaco – Questo bilancio evidenzia infine ancora una volta l’urgente necessità che il consiglio comunale contribuisca con norme adeguate al contrasto all’evasione, concludendo la discussione già avviata sul nuovo regolamento contro questo fenomeno che ha assunto proporzioni insostenibili. Non si può infatti lasciare che a condizionare la vita finanziaria del Comune e la qualità dei suoi servizi siano quei cittadini che continuano a non pagare le tasse arrecando un danno a tutta la collettività”.
E andiamo infine al vero tasto dolente che riguarda i crediti di dubbia esigibilità. La nuova contabilità, introdotta in Italia nel 2015 per tutti gli enti locali, obbliga infatti i Comuni a coprire interamente quelle entrate che non sono certe e che in passato hanno creato vere e proprie voragini sconquassando i conti delle amministrazioni, alcune delle quali finite in dissesto. Una sorta di “assicurazione preventiva” contro i default che però ha pesato come un macigno sui bilanci, visto che milioni e milioni di euro sono stati messi da parte e non spesi. Il legislatore nazionale ha offerto due possibilità: un accantonamento ordinario, che consente di spalmare su più anni il disavanzo in modo omogeneo, o un calcolo semplificato che permette invece di risparmiare all’inizio ma pagando di più alla fine.
Palermo ha optato per il metodo semplificato e così per i primi anni ha accantonato di meno, godendo di maggiori spazi di manovra, ma adesso si trova costretta a correre ai ripari. Numeri alla mano, Palazzo delle Aquile avrebbe dovuto mettere da parte 355 milioni di euro ma, grazie ai 48 aggiunti nel 2019, il tesoretto da trovare è sceso a 307 milioni, di cui 143 milioni di Tari e 44 di Tosap. Soldi che grazie a una nuova normativa potranno essere spalmati in 15 anni, ma questo vuol dire che dal 2021 al 2035 il comune di Palermo dovrà trovare, ogni anno, 20,5 milioni di risorse strutturali. Un’eredità che peserà sui prossimi tre sindaci.