CATANIA – Questa volta non c’è alcuna riqualificazione del reato. La gup Simona Ragazzi ha emesso il decreto di rinvio a giudizio nei confronti dei 45 imputati per il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (353 bis codice penale). È il secondo troncone dell’inchiesta Università Bandita della Digos che ha portato alla luce concorsi, bandi e assegnazioni che sarebbero stati in qualche modo “manipolati” al fine di assegnarle “al candidato” prescelto.
Nomi di peso tra gli imputati
Tra i casi finiti nella lente d’ingrandimento della magistratura anche l’istituzione della cattedra di Storia delle Istituzioni giuridiche dell’antichità assegnata all’ex assessore comunale Orazio Licandro. Contestazione da cui si dovrà difendere – come ha già fatto in udienza preliminare – anche il già sindaco di Catania Enzo Bianco. Ma tra i prof e colletti bianchi che dovranno affrontare il dibattimento c’è anche l’ex procuratore di Catania Enzo D’Agata che si sarebbe – secondo la tesi accusatoria – interessato per fare ottenere la promozione alla figlia Velia per il ruolo di ordinario nel settore Anatomia del dipartimento di Scienze biomediche.
L’apertura del processo
La gup, dunque, ha accolto le richieste dei pm Marco Bisogni, Raffaella Vinciguerra e Santo Distefano. I 45 imputati dovranno presentarsi davanti alla terza sezione penale del Tribunale di Catania il prossimo 15 giugno 2022. L’udienza si svolgerà nell’aula 2 di Bicocca, una scelta sicuramente dovuta al corposo numero di imputati.
Il primo troncone
L’indagine, ribattezzata “concorsopoli” all’Università, si è divisa in due filoni paralleli. La prima udienza preliminare, che ha visto al centro delle accuse i due ex rettori Francesco Basile e Giacomo Pignataro, si è chiusa con il rinvio a giudizio della gup Marina Rizza dei 9 imputati (derubricando il reato di turbativa in abuso d’ufficio) e la condanna dell’ex prorettore Giancarlo Magnano di San Lio a un anno e due mesi (pena sospesa). Il processo si aprirà il 10 maggio 2022. La giudice ha prosciolto (e assolto) tutti dall’accusa di associazione a delinquere. La sentenza è stata definita dal procuratore Carmelo Zuccaro un “riscontro al sistema illegale diffuso nell’ateneo catanese”
I nomi dei 45 rinviati a giudizio
I nomi degli imputati: Salvatore Cesare Amato, Pietro Baglioni, Laura Ballerini, Antonio Barone, Giovanni Barreca, Enzo Bianco, Antonio Biondi, Paolo Cavallari, Giovanni Cigliano, Umberto Cillo, Agostino Cortesi, Vera Maria Lucia D’Agata, Enzo D’Agata, Stefano De Franciscis, Francesco Di Raimondo, Marcello Angelo Alfredo Donati, Alessia Facineroso, Santi Fedele, Anna Garozzo, Sebastiano Angelo Alessandro Granata, Calogero Salvatore Guccio, Alfredo Guglielmi, Giampiero Leanza, Massimo Libra, Orazio Antonio Licandro, Luigi Mancini, Massimo Mattei, Paolo Mazzoleni, Maura Monduzzi, Marco Montorsi, Matteo Giovanni Negro, Ferdinando Nicoletti, Maria Caterina Paino, Giuseppe Maria Pappalardo, Pietro Pavone, Vincenzo Perciavalle, Giovanni Puglisi, Stefano Giovanni Puleo, Maria Alessandra Ragusa, Romilda Rizzo, Salvatore Saccone, Giovanni Schillaci, Luca Vanella, Giuseppe Vecchio, Giuseppina Lavecchia.
La difesa
“Prendo atto della decisione del Giudice. Ho sempre manifestato pubblicamente il più grande rispetto e la massima fiducia nel lavoro della Magistratura. Lo ribadisco anche oggi, serenamente. Sono certo di dimostrare la piena correttezza dei mio comportamento”. Così l’ex sindaco Enzo Bianco commenta all’Ansa il rinvio a giudizio.
Sulla sentenza interviene anche il difensore dell’ex Ministro dell’Interno, il professore Giovanni Grasso, che assiste anche la professoressa Paino, la professoressa Rizzo, l’ex assessore Licandro, la professoressa Leanza, e la professorezza Garozzo:
“Sono certo che i miei assistiti dimostreranno nel contraddittorio dibattimentale la loro innocenza, avendo agito sempre con assoluta correttezza. Debbo aggiungere che si è venuta a creare una situazione certamente paradossale: dei soggetti che sono, secondo l’impostazione accusatoria, concorrenti nello stesso fatto di reato rispondono, però, di reati differenti (gli uni del reato di abuso d’ufficio e gli altri del reato di cui all’art. 353 bis c.p.) nei due procedimenti penali”.