Condizioni, assistenza, personale | Il dramma delle carceri siciliane - Live Sicilia

Condizioni, assistenza, personale | Il dramma delle carceri siciliane

Giovanni Fiandaca, garante dei detenuti, e la radiografia dei penitenziari.

PALERMO- Carceri fatiscenti, carenza di personale e assistenza sanitaria insufficiente. Giovanni Fiandaca da un anno è il garante dei detenuti in Sicilia, ruolo che era rimasto vacante nei tre anni precedenti. Ieri ha illustrato in conferenza stampa le criticità del mondo carcerario siciliano, una fotografia in chiaro scuro, che evidenzia un dato in linea con quello nazionale, ma che non nasconde le sofferenze del settore. Le ha messe nero su bianco nella relazione annuale, relativa al periodo che va da giugno 2016 a giugno 2017.

In linea generale, nelle carceri siciliane non si vive peggio che nel resto d’Italia. La Sicilia è la terza regione italiana per popolazione carceraria, dietro a Lombardia e Campania con 6.184 detenuti, il 10% del totale. Di questi 1.216 sono stranieri (19,66%). Dei 23 istituti penitenziari siciliani, dislocati in tutte e 9 le province, 18 sono case di reclusione, che ospitano detenuti non condannati in via definitiva, e cinque sono strutture in cui si dovrebbe esercitare l’attività rieducativa. Il più grande è il carcere Pagliarelli di Palermo, che ospita 1.300 detenuti, mentre all’Ucciardone sono presenti 340 unità. Seguono le strutture con una popolazione medio alta, tra 500 e 600 unità, come Siracusa e Trapani, e quelle più piccole come Termini Imerese, con circa 80 detenuti.

Troppe per visitarle tutte in un anno, confessa Fiandaca. In base alla normativa disposta dal Dap, infatti, il Garante è l’unico autorizzato a entrare nelle carceri, anche senza permesso, e non può delegare nessun componente dell’ufficio. Ma promette che “da fine ottobre riprenderò le visite”. L’aspetto che preoccupa di più resta quello sanitario. Una criticità acuita dal passaggio delle competenze alle Aziende sanitarie provinciali. Fiandaca sul punto chiede una continuità dell’assistenza da parte dei medici delle Asp, che garantisca una maggiore conoscenza delle condizioni dei soggetti. E poi un supplemento di attenzione ai detenuti con problemi psichiatrici e psicologici, che hanno fatto registrare un picco negli ultimi anni. Per fare un esempio al Pagliarelli sono quasi la metà della popolazione carceraria.

Un altro fattore di criticità è quello legato agli aspetti logistici e strutturali delle carceri. Secondo la relazione, molte richiederebbero interventi di ristrutturazione e recupero. Ma, nonostante le richieste reiterate, “la politica di spending review non ha consentito risposte adeguate dal Ministero o dal Dap”. Come ad Agrigento, dove ci sono infiltrazioni di acqua. O al Pagliarelli, che fa registrare un numero insufficiente di caldaie “e i detenuti non possono fare la doccia calda ogni giorno”.

E poi c’è la carenza del personale. “Gli agenti di custodia sono quelli più vicini ai detenuti e ho avuto complessivamente un’impressione positiva. La loro sensibilità è molto migliorata rispetto al passato. Ma sono in numero insufficiente, hanno un carico di lavoro eccessivo e svolgono un ruolo molto stressante”. Il Garante dei diritti dei detenuti lamenta di avere poche armi per contrastare i tanti problemi che investono il settore: “Non posso emettere provvedimenti autoritativi. Ho un potere di sollecitazione e di interlocuzione con i direttori delle carceri, con i magistrati o con le autorità sanitarie. Posso solo sottoporre loro i problemi avanzati dai detenuti”.

E smentisce anche il luogo comune che vorrebbe i detenuti vittime di violenze e abusi. “Non ricevo molte denunce, anzi sono quasi nulle. Questo non vuol dire che non ci siano. Noi in criminologia parliamo di cifra oscura, episodi che non vengono denunciati o perché c’è un clima omertoso o perché il detenuto ha paura a denunciare perché teme ritorsioni”. Personale insufficiente anche tra le fila degli educatori che “in seguito alla redistribuzione del personale, sono diminuiti anche nelle carceri più grandi. E non si fanno concorsi da tempo”. Fiandaca avanza una proposta: creare un servizio di volontariato giuridico nelle carceri, costituito da giovani avvocati, magistrati e studenti con l’obiettivo di sensibilizzare i detenuti sul tema dei propri diritti.

La maggior parte delle richieste che arrivano sul tavolo del Garante riguardano però il trasferimento in altre carceri, per motivi di salute o più spesso per “ricongiungimento familiare”. Non tutti i detenuti infatti sono siciliani, molti ad esempio sono camorristi, e richiedono un avvicinamento nella regione di residenza della famiglia. Famiglie che spesso, per problemi economici, non riescono a far fronte alle spese di viaggio. “I trasferimenti tra le Regioni – conclude Fiandaca – sono i più difficili da ottenere. È più facile avere quelli temporanei, ma determinano molta frustrazione nel detenuto che non ne comprende la motivazione”.

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