CATANIA – In sordina, quasi senza polemiche, il Consiglio comunale di Catania ha approvato lo studio di dettaglio del centro storico. Ha stabilito, cioè, che cosa si possa fare su 7500 edifici del capoluogo etneo. Palazzi nobiliari, palazzotti, capannoni di archeologia industriale: nel documento passato ieri al vaglio del senato cittadino si è stabilito quali dovranno essere manutenuti e quali, invece, potranno essere abbattuti e ricostruiti. Perfino modificandone la sagoma “mediante interventi di architettura contemporanea“. Il quartiere di San Berillo sembra essere il convitato di pietra dell’intera discussione. In un paio d’ore, durante quella che da molti è stata definita come la possibile “ultima seduta”, viste le chiacchieratissime dimissioni del sindaco Salvo Pogliese.
L’iter dello studio di dettaglio
Il percorso dello studio di dettaglio parte da lontano. Ci tengono a sottolinearlo sia l’ex sindaco Enzo Bianco sia il suo ex assessore all’Urbanistica Salvo Di Salvo, entrambi oggi in Consiglio comunale. “Catania soffre da sempre di una insufficiente pianificazione urbanistica – ricorda Bianco – Siamo stati i primi a ragionare sul provvedimento che adesso votiamo”. Era il lontano 2015. Quella consiliatura, però, si è conclusa senza l’approvazione del piano, passato in dote quasi per intero all’attuale amministrazione.
“Il corpo portante della delibera che votiamo oggi è il nostro – sottolinea Di Salvo – Ci sono circa 20mila edifici vuoti tra le zone A e B per come individuate dal prg Piccinato: la legge regionale del 2015 ci ha dato la possibilità di avviare il percorso di recupero per questi immobili, in deroga a un piano regolatore troppo vecchio”. Cioè con più di mezzo secolo di vita, ormai.
La discontinuità tra l’amministrazione Bianco e quella Pogliese, in tema di urbanistica, sta anche nell’obiettivo: per la giunta che fu, bisognava pensare a regolare l’intera area metropolitana tutta insieme; per quella attuale, invece, c’è da ragionare intanto sulla città (vedi alla voce linee guida, approvate in notturna a ottobre 2019).
“Il primo passo verso il prg”
“Lo studio di dettaglio è il primo passo per superare la maledizione del piano regolatore generale, che non c’è da cinquant’anni”, sottolinea Manfredi Zammataro, presidente della commissione consiliare urbanistica. Che, però, ha espresso parere negativo sulla delibera per via delle astensioni di alcuni suoi componenti. Il consigliere di Diventerà bellissima, però, illustra il documento con passione e spiega i cinque emendamenti di cui è primo firmatario, insieme ai consiglieri Sebastiano Anastasi e Bartolomeo Curia. A fine seduta, saranno approvati tutti tranne uno, boicottato dalla stessa maggioranza.
“Va dato atto all’amministrazione Pogliese – interviene Anastasi, capogruppo degli autonomisti – di avere riportato nel dibattito pubblico l’urbanistica. Alle linee guida noi abbiamo presentato, e il Consiglio ha approvato, un emendamento di 34 pagine: a sottolineare quanto il tema sia rilevante per la città e i cittadini”. Vero è, sottolinea Anastasi, che il centro storico si sta ripopolando: “Ma è altrettanto vero che non ci sono stati spazi, finora, per fare edilizia di qualità: i costi degli immobili in centro sono elevatissimi e molti cittadini preferiscono l’hinterland, la cintura di Catania. Vivono lì, pagano i tributi locali lì, e poi lavorano, producono rifiuti, usufruiscono della rete viaria di qui”.
Il senso del discorso di Anastasi è semplice: “Bisogna rendere la città a misura d’uomo, bisogna lavorare sul piano urbanistico generale (l’evoluzione del prg, ndr) affinché si possa fare una programmazione complessiva e ben ragionata”.
Le polemiche
Nel clima di complessivo accordo sullo studio di dettaglio, unica voce stonata è quella del consigliere del Movimento 5 stelle Graziano Bonaccorsi. È il pentastellato ad annunciare l’intenzione di non votare la delibera da parte del suo gruppo. “Non mi sento tranquillo per motivi molto semplici: la legge regionale del 2015 parla chiaramente della necessità di individuare le tipologie di edifici del centro storico – spiega Bonaccorsi – Nello studio di dettaglio, invece, si confonde la tipologia con la sua condizione“. Per il consigliere, sarà facile immaginare che uno stesso tipo di edificio in un quartiere sarà abbattuto e ricostruito mentre in un altro sarà, più semplicemente, ristrutturato.
“Tra l’altro – prosegue – Nello studio del 2020 si citava la rifunzionalizzazione di circa 25 isolati, oltre che dei tre complessi ospedalieri. Nella versione al voto stasera, si parla solo dei tre complessi ospedalieri. I 25 isolati sono spariti. È logico pensare alle future eventuali speculazioni“.
Giuseppe Gelsomino, Catania 2.0, pur votando favorevolmente, rincara la dose e aggiunge: “Si parla di riqualificazione, di prospettive per il centro storico. E che fine ha fatto la gara per il parcheggio di piazza della Repubblica?”. Il bando bocciato dal Tribunale amministrativo regionale di Catania e che l’amministrazione aveva annunciato avrebbe ripubblicato a breve, dopo avere eseguito alcune modifiche.
La replica e il voto
L’assessore all’Urbanistica Enrico Trantino, ascoltati tutti gli interventi, replica ponendo un primo punto fermo: “Non ci sarà nessuno spazio alle speculazioni“, dice. E continua: “Poniamo le premesse per una rivoluzione urbanistica e per il futuro della città”. Aggiunge poi un riferimento ai progetti presentati per la partecipazione al Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza: “Ne parleremo a tempo debito, non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. Ai riferimenti alle dimissioni del primo cittadino Pogliese, infine, risponde: “Siamo tutti vivi e vegeti“.
Il momento del voto riserva una sola sorpresa. Dei cinque emendamenti, uno viene bocciato: prevedeva che non fosse necessario, in fase istruttoria, richiedere un parere alla soprintendenza dei Beni culturali di Catania (che però parteciperà alla conferenza dei servizi). E tra gli immobili in cui erano possibile prevedere interventi di demolizione e ricostruzione aggiungeva anche quelli di categoria C, cioè “unità edilizie con caratteri dimensionali planimetrici, originari o modificati, e permanenza totale di caratteri architettonici tipici”.
“È un semplice aggiornamento in rispetto della normativa vigente, successiva rispetto alla realizzazione dello studio di dettaglio”, spiega Zammataro. Ma niente da fare: con cinque favorevoli e 17 astenuti l’emendamento viene bocciato. Un emendamento viene ritirato dallo stesso Zammataro, mentre gli altri passano. La delibera, per come emendata, raccoglie alla fine 23 voti favorevoli su 23 votanti.