CATANIA – Bilancio: il consiglio comunale boccia un emendamento per finanziare i centri antiviolenza. Il contrasto alla violenza sulle donne necessita di una serie di misure che vanno da azioni di sensibilizzazione e prevenzione al lavoro sul campo svolto dalle operatrici dei centri, strutture preziose che però soffrono della mancata continuità nei finanziamenti. Spesso sono le stesse operatrici che mettono di tasca propria il denaro sufficiente per pagare l’affitto e le utenze: una ferita per l’intera comunità. Ed è qui che le istituzioni possono svolgere un ruolo centrale, accompagnando le iniziative simboliche con atti concreti. Per contrastare la violenza di genere, insomma, una mano di vernice rossa su una panchina è importante a livello simbolico, ma non basta. Bisogna mettere i centri nelle condizioni di lavorare, serve un’azione programmatica di finanziamento. Per questo lascia l’amaro in bocca quello che è avvenuto durante la seduta del 15 dicembre nella stessa aula consiliare che nemmeno un mese fa aveva ospitato una partecipata assemblea di donne intervenute sul tema.
Il consiglio comunale boccia l’emendamento 226, che ha per oggetto i “contributi a sostegno dei centro anti-violenza”, presentato dai consiglieri Notarbartolo, Saverino e Vullo. La somma prevista era di trentamila euro, ma la seduta per l’approvazione del bilancio non vede passare l’emendamento, che pure aveva ottenuto il parere tecnico e contabile favorevole: una doccia fredda. In un’aula, spopolata dopo la lunga seduta fiume, si registrano un voto contrario (Sgroi) e diciannove astensioni. Non votano i consiglieri di maggioranza Bottino, Castiglione, Catalano, Coppolino, Crociti, D’Avola, Failla, Lanzafame, Marco, Marletta, Mastrandrea, Musumeci, Petrina, Porto, Raciti, Sofia, Tempio, Tomarchio e Zappalà. Eppure, le cose dovevano andare diversamente. “Trovate le risorse in bilancio, ottenendo il parere contabile favorevole, gli assessori Parlato e Villari, separatamente, avevano assicurato che avrebbero fatto proprio l’emendamento e non lo avrebbero sottoposto al voto”, spiega il consigliere Notarbartolo. “Il passo indietro ha probabilmente un intento punitivo nei miei confronti e di quelli della collega Saverino per aver espresso più di una critica al bilancio che avremmo dovuto votare, la parola è stata rimessa al consiglio che ha deciso di assumersi la responsabilità politica di bocciare all’unanimità l’emendamento”, argomenta. “Questo ha per me un significato chiaro, non bastano i gesti simbolici, questo contributo sarebbe stato un sostegno concreto alle attività che vengono svolte con sacrificio da numerose volontarie nei centri che operano sul territorio; mi auguro che i miei colleghi e gli assessori non corrano più a dipingere di rosso delle panchine e ci risparmino questa intollerabile ipocrisia”, commenta a muso duro Notarbartolo.
L’assessore Parlato, però, smentisce la versione del consigliere. “Io non prendo accordi con nessuno, non so nulla. Notarbartolo ha annunciato un emendamento in aula e poi è andato via. Con me lui sicuramente non ha parlato, né io gli ho detto che avrei fatto mio questo emendamento che non conosco: non ne ho proprio contezza”, replica. “Poco serio”. Così l’assessore Villari bolla il comportamento dei consiglieri che hanno proposto l’emendamento ma non erano presenti in aula al momento del voto. “Non basta proporre un emendamento se poi non lo sostieni in aula”, attacca l’assessore. “L’amministrazione si era dichiarata disponibile a discutere, ma nel momento in cui si doveva votare l’emendamento i tre firmatari non erano in aula. Evidentemente non c’era l’interesse a sostenerlo”, risponde. E aggiunge che “l’assenza era tesa a fare mancare il numero legale per approvare il bilancio e anche lo stesso emendamento”. Al netto delle versioni discordanti e delle dispute, rimane l’occasione sprecata.