Davvero qualcuno pensa di potere trarre delle indicazioni solide – politiche e sulle dinamiche elettorali fino alle imminenti elezioni europee e oltre – dalle recenti consultazioni amministrative in Sicilia? E’ vero, ciò che accade nella Trinacria solitamente è il preludio di quanto accadrà o sta accadendo sotto traccia nel Paese, in una Italia in perenne campagna elettorale. O meglio, era il preludio. Lo era in un tempo in cui nel bene e nel male esistevano i partiti tradizionalmente intesi, in cui la politica non era come oggi “prêt-à-porter”, cioè pronta all’uso senza troppi coinvolgimenti ideali (ieri ideologici) con movimenti e sedicenti partiti che si accoppiano e si “scoppiano” con una rapidità imbarazzante o che si affacciano sul mercato come quei negozi che misteriosamente aprono e altrettanto misteriosamente chiudono. Disponibili a prostituirsi ai cambia casacca di professione, perenni portatori di voti qualunque distintivo indossino, sacrificando storie, identità e morale in cambio di poltigliose sommatorie di consensi.
E’ così, e non deve meravigliare che a piazze piene non corrispondano numericamente le schede ai seggi (è accaduto a Salvini a Gela e a Bagheria), perché in Sicilia è sì parimenti di moda un selfie con il Capitano di Pontida quasi fosse un ricordo da esibire con orgoglio – al pari di una foto con personaggi della statura di una madre Teresa di Calcutta, Giovanni Paolo II, Nelson Mandela o Martin Luther King – ma alla fine conta il voto dato al parente, all’amico – non importa se incapace o disonesto –, conta sostenere chi ti può elargire un favore.
I ras del consenso lo chiamano “radicamento nel territorio”, nel mio personale vocabolario si chiama “clientelismo” e pur con tutti i suoi gravi limiti e antichi vizi la Lega non ha avuto maniera, semmai lo avesse voluto, di “radicarsi”, mentre il M5S risulta incapace di entrare nel tessuto vivo della società siciliana perdendo copiosamente voti nonostante Di Maio dica che tutto va meravigliosamente.
Non dimentichiamo poi, in vista delle europee, le sale piene in occasione di kermesse di candidati – vedi l’apertura della campagna elettorale di Saverio Romano – che rappresentano quella politica inutilmente e dannosamente seduta a lungo alla guida delle istituzioni siciliane che andrebbe dimenticata e che, invece, registra il “sold out”. Non dimentichiamo le inchieste giudiziarie e giornalistiche sul “sistema Montante”, sulle logge segrete, veri e oscuri governi paralleli, indipendentemente dai profili penali di competenza dei magistrati. Insomma, poche sono le riflessioni da fare dopo il voto del 28 aprile, tenendo presente il limitato campione di comuni ed elettori andati alle urne e i diversi sistemi elettorali a seconda delle città coinvolte. Pd e Fi ormai non si capisce più cosa rappresentino costretti a stare insieme per contrastare, lo affermano col petto gonfio, populismo e sovranismo.
In realtà il civismo, strumentalmente evocato per la santa crociata, non c’entra nulla perché “civismo” non vuol dire assenza di condivisione di valori e di programmi in nome di una missione salvifica auto-affidatasi; non vuol dire mettere insieme realtà normalmente (e teoricamente) contrapposte. In realtà, Pd e Fi in Sicilia sono abituati a governare – ecco, loro sono stati e sono parecchio “radicati” nel territorio – e di scempi ne hanno compiuto a vagonate lasciandoci nella disperata condizione in cui ci ritroviamo. Mal sopportano di stare fuori dai Palazzi o di doverne uscire, per cui è preferibile coalizzarsi.
Il M5S dopo avere riempito nel recente passato le piazze all’inverosimile ha fallito clamorosamente nella scelta della classe dirigente. Quando sai – è successo già a Fi ai suoi albori – che l’elettore ti vota a occhi chiusi a maggior ragione hai l’obbligo di individuare una classe dirigente di altissimo spessore. Invece tranne poche eccezioni il livello è deludente e ora ne pagano le conseguenze. C’è un solo modo per ribaltare la sotto cultura del favore: il buon governo, illustre sconosciuto nelle nostre martoriate contrade. Evidentemente il buon governo è mancato anche dove i pentastellati hanno avuto sindaci e maggioranze. La Lega, in Sicilia o sfondava adesso oppure non lo farà domani marcando una sorta di “specialità” siciliana trainante. Se alle europee conseguirà in Sicilia un rilevante risultato, in linea con i sondaggi, sarà soltanto la conferma di un dato nazionale, non necessariamente replicabile a livello di elezioni regionali e amministrative.
In conclusione, niente di nuovo sotto il sole…siciliano.