PALERMO – Il 19 luglio sarà il giorno della verità. Il giorno in cui la Corte dei conti dovrà (ri)pronunciarsi sul rendiconto della Regione, può saltare tutto in aria o può tornare tutto più o meno a posto. Molto dipenderà dalla prossima settimana. Quei sette giorni, fino al 10 luglio, ultima data utile che le Sezioni riunite hanno concesso al governo per fornire le proprie spiegazioni.
Perché da lì bisogna partire. Dall’ordinanza con cui la Corte, respingendo, di fatto, le richieste del Procuratore generale che chiedeva la dichiarazione di illegittimità del rendiconto e in subordine un “supplemento istruttorio”. Le Sezioni riunite hanno respinto quelle richieste, giunte per la prima volta nella storia della Regione siciliana, ma hanno deciso comunque di sospendere il giudizio di parifica – altro caso unico – chiedendo instaurare un contraddittorio con la Regione su alcuni temi sui quali avevano puntato il dito sia la Sezione di controllo che la Procura. Si tratta degli omessi accantonamenti relativi ai “residui perenti al 31 dicembre 2016”, al “Fondo per le perdite delle società partecipate”, al “Fondo per il contenzioso” e ad altri aspetti.
La Regione dovrà rispondere su questi argomenti. E dovrà, in particolare, creare, nel caso in cui fossero effettivamente inesistenti, i fondi entro i quali accantonare le somme. Un fatto che non sarà tecnicamente difficile, secondo il governo. Almeno stando alla spiegazione dell’assessore all’Economia Alessandro Baccei: “Riguardo agli accantonamenti contabilizzati – ha detto – ove si consideri che il differenziale fra l’insieme delle coperture finanziarie del disavanzo (pari a circa 7 miliardi) e il risultato complessivo dell’anno 2016 (pari a circa 5,9 miliardi) è pari a circa 1,1 miliardi, risulta chiaro – prosegue – che gli accantonamenti previsti possono facilmente trovare copertura in questo differenziale positivo”. Insomma, i soldi ci sarebbero e starebbero nei risultati positivi ottenuti in occasione dell’ultimo esercizio finanziario.
Basterà quel “differenziale”? Il governo è convinto di sì. E adesso gli uffici dovranno quantificare l’ammontare degli accantonamenti necessari per rispondere ai rilievi della Corte. Cosa succederebbe, però, se quei soldi non fossero sufficienti? La Regione a quel punto dovrebbe intervenire innanzitutto su quelle entrate che la Corte ha considerato “a rischio” (anche a rischio incostituzionalità), poi, eventualmente, con una manovra di assestamento, che per legge andrebbe approvata entro il 31 luglio. I soldi non reperibili, insomma, andrebbero cercati altrove, anche nelle spese relative al 2017. Ciò comporterebbe un taglio in alcuni capitoli dell’attuale bilancio. Ma solo una eventualità, al momento.
C’è però un altro rischio che incombe sui conti. Non è quello del “default”, ipotesi remota e scongiurata anche dal presidente delle Sezioni riunite Maurizio Graffeo, ma la notizia della mancata parifica potrebbe innervosire le banche e gli operatori finanziari con i quali la Regione ha acceso mutui, prestiti e finanziamenti. Da lì, il pericolo che le Agenzie possano anche intervenire sul rating della Regione, provocando a quel punto un rischio aumento dei tassi di interesse e altre difficoltà. Un rischio che al momento è solo sullo sfondo. È più verosimile che gli operatori finanziari decidano di attendere questi 15 giorni, prima della nuova udienza. Il giorno della verità per i conti della Sicilia.