PALERMO – Oltre 15 milioni di euro. Quindici milioni e 183 mila per la precisione. Tanto è costato il progetto Co.Or.Ap gestito dal Ciapi e tanto valgono i beni sequestrati a coloro che hanno hanno avuto a che fare, a vario titolo, con il piano strategico che doveva servire per aiutare l’inserimento professionale dei giovani. Da chi lo ha ideato a chi ha dato il via libera per il finanziamento, a chi aveva il compito di vigilare sulla regolarità.
Dopo il terremoto politico-giudiziario è la volta di quello amministrativo-contabile. Su richiesta della Procura regionale, la Corte dei Conti ha decretato e notificato a dodici persone un provvedimento di sequestro che riguarda case, terreni, conti correnti e macchine. Un sequestro conservativo basato sull’ipotesi che nella vicenda Ciapi si possano configurare delle colpe gravi. Praticamente, in via preventiva viene bloccato parte del patrimonio di coloro che sono stati citati in giudizio in modo da garantire gli interessi della pubblica qualora si dovesse arrivare in futuro a una condanna. Il provvedimento di sequestro fra una decina di giorni passerà al vaglio di un nuovo giudice che potrà confermarlo, revocarlo o modificarlo.
L’elenco delle persone raggiunte dal sequestro si apre con l’ex presidente del Ciapi, Francesco Riggio, al quale sonio stati bloccati beni per oltre 5 milioni di euro, e prosegue con Gaspare Lo Nigro, l’ex direttore dell’Agenzia regionale per l’impiego che ha approvato il progetto e dato il via libera all’integrazione dei fondi per il Co.Or.Ap (sequestro da un milione e mezzo). Ci sono poi tutti i componenti del comitato tecnico scientifico del progetto, in rappresentanza del Ciapi o della Regione siciliana: Daniela Avila, Calogero Bongiorno, Luigi Gentile, Giuseppe Gattuso, Giuseppe Bonadonna, Rosario Candela, Santo Conti, Natalino Natoli, Enzo Testagrossa, Salvatore Schembri. Per loro il sequestro ammonta ad 850 mila euro ciascuno.
Quindici milioni di euro. Tanto, dunque, è costato un progetto che doveva servire per formare 1.500 ragazzi con l’obiettivo di avviarne 600 al lavoro. I risultati definitivi furono impietosi. Appena diciotto giovani indirizzati all’apprendistato. Nessuno di loro trovò un impiego. E così l’Olaf, il nucleo antifrode dell’Unione europea che il progetto aveva finanziato, decise di inviare gli ispettori in Sicilia. Il loro lavoro ha dato il via all’inchiesta sfociata nei giorni scorsi in una raffica di arresti e avvisi di garanzia per politici e funzionari pubblici. In manette sono finiti, tra gli altri, il manager della pubblicità Faustino Giacchetto e Francesco Riggio.
Per scoprire come sono stati spesi i soldi i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria hanno ascoltato alcune delle 278 persone (troppe secondo la procura della Corte dei Conti) che hanno lavorato al progetto. E tutti hanno raccontato di “giornate intere in cui non vi era nemmeno un utente” agli sportelli informativi aperti in diverse città siciliane. “Sportelli che non disponevano nemmeno di un computer”, hanno aggiunto alcuni di loro. Ecco spiegato il risultato imbarazzante su cui si è concentrata la Corte dei Conti: quindici milioni di euro spesi, diciotto giovani indirizzati all’apprendistato e zero posti lavoro creati.