Abbiamo raccontato la storia della tecnica che salva la vita ad alcuni malati gravi di Covid, grazie alla forza della squadra dell’Ismett, capitanata dal dottore Antonio Arcadipane. QUI L’ARTICOLO. La domanda successiva è questa: perché non può essere usata, con accortezza, in altri ospedali, ovviamente sapendo che non va bene per tutti i pazienti? Il dottore Arcadipane e il suo reparto svolgono un lavoro egregio, nel perimetro delle loro competenze e non sono i titolari delle scelte di fondo, dunque questa domanda va rivolta alla politica. Ripercorriamo intanto i fatti.
L’Ecmo salva-vita
“L’Ecmo (la circolazione extracorporea, ndr) – ha detto il dottore – è affidata a una macchina, in alcuni casi trasportabile, che può funzionare, alternativamente o insieme, da cuore e polmone, sostituendo la loro funzione nel corpo umano. Faccio uscire dall’organismo sangue non ossigenato, lo pulisco e lo rimetto in circolazione. Va bene per persone che hanno riserve biologiche che consentano un recupero. Il principio è quello di tenere in vita, mentre l’organismo riesce a ripararsi e a riprendere la sua attività: noi diamo più tempo. La nostra mortalità è di circa il trentasei-trentotto per cento (la mortalità complessiva delle rianimazioni è del 50 per cento su base nazionale) e mi riferisco sia ai pazienti trattati con Ecmo sia a quelli che non sono indicati per la terapia. Abbiamo visto che il virus crea danni tremendi ai polmoni. Siamo i primi in Italia per numero di Ecmo e in Sicilia, come grosso centro, ci siamo solo noi”.
Quando può essere utilizzata
Prima cosa da tenere presente: non è una tecnica utilizzabile sempre, ma nei casi in cui è stata utilizzata, lo dimostrano gli studi, ha dato ottimi risultati. Seconda cosa: è necessario saperla organizzare bene. Ha detto ancora il dottore Arcadipane: “E’ un meccanismo molto complicato. Non basta la macchina, ci vuole anche l’expertise, cioè professionisti in grado di usarla bene, perché è necessaria la massima precisione che viene dall’esperienza e dalla quantità di terapie che si fanno. Abbiamo diversi pazienti qui, all’Ismett. Oppure siamo noi che andiamo negli altri ospedali, perché è una tecnica trasportabile”. Giova ripeterlo: “E’ una terapia che va bene solo in determinate condizioni, quando c’è un organismo in grado di recuperare e che non ha subito danni irreversibili”.
“Dateci più Ecmo”
Sul punto, adesso, interviene il professore Antonello Giarratano, autorevole esponente del Comitato Tecnico Scientifico siciliano e vicepresidente nazionale, nonché presidente designato, della Siaarti (Società Italiana Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva). Dice il professore: “Abbiamo chiesto all’assessorato di autorizzare l’Ecmo, come accade in tutte le regioni, in tutte le strutture che fanno cardiochirurgia e hanno expertise. La tecnica standard rientra nelle capacità di almeno sei ospedali siciliani . In Lombardia i centri autorizzati sono tredici, da noi solo Ismett”. E si torna, dunque, alla domanda iniziale: potrebbe essere usata di più?