Le parole pronunciate ieri dal governatore siciliano Rosario Crocetta, riprese dall’Ansa, sono indicative di un modo di intendere la mafia da parte di certi “antimafiosi”. Sostiene Crocetta “la pax mafiosa è anche dovuta al fatto che il sistema mafioso si è consolidato sul territorio.” La premessa sta nell’affermazione che “il sistema di ‘cosa nostra’ è il modello criminale del terzo millennio”. Come, contro ogni evidenza, Don Ferrante discettava sull’inesistenza della peste, così il governatore Crocetta discetta sull’immutabilità e addirittura sulle ‘magnifiche sorti e progressive’ della mafia. Lo schema è noto, un sofisma: quando i mafiosi sparano si sentono tanto potenti da poterselo permettere, quando non sparano vuol dire che sono tanto forti da risparmiare l’uso della violenza.
Non c’è scampo, la mafia è invincibile e se tutti i suoi capi, tranne uno periferico, sono in galera all’ergastolo, se le indagini su cosa nostra oggi, e non quella di ormai vent’anni fa, mostrano strutture in crisi nei vari “mandamenti” affidati a reggenti sempre nuovi, perché decimati dagli arresti, tutto ciò è solo una impressione, un abbaglio. La mafia è fortissima, deve esserlo. Mi sono convinto che la cosa che più ha irritato nel libro di Fiandaca e Lupo non sia stata la critica puntuale all’inconsistenza dell’inchiesta sulla trattativa quanto il titolo “La mafia non ha vinto”. La mafia deve vincere. A garanzia del futuro politico dei Crocetta.