PALERMO – Dalla poltroncina dell’Arena, Crocetta ha urlato: “Sono un uomo libero”. In realtà, è solo lontano. Dalla realtà e dalla politica. Scollato dai fatti e dai partiti. Un copione lungo quattro anni, a pensarci bene, in una Regione che avrebbe avuto bisogno, invece, di un progetto vero, di una guida stabile. Di un po’ di “normalità”. E invece, oggi più che mai, il governatore è una variabile impazzita, impronosticabile. Tesa tra le note necessità mediatiche e le prossime elezioni, i punzecchiamenti con Faraone e i guai in giunta. Con la pretesa irreale di poter prendere impegni per il futuro, proprio mentre afferma di non avere un sostegno, né una maggioranza. Eccola, la libertà del presidente.
Lo scollamento dalla giunta
“Sono stato più che leale con l’Udc”, rivendica Crocetta a Livesicilia. Ma i centristi starebbero pianificando l’exit strategy dal governo. Per la verità, non si tratterebbe della prima “minaccia” di abbandonare la giunta da parte della forza politica che oggi fa capo a Gianpiero D’Alia. Ma l’insofferenza ha ormai radici profonde e il “caso Micciché” ha contribuito a scavare solchi. Del resto, il governatore non ha risparmiato frustate mediatiche nei confronti del suo ex assessore. Ma è anche vera un’altra cosa: durante la “puntata” del regista Pif a Palazzo d’Orleans, solo per un esempio nessun tra i componenti della giunta ha difesto il governatore. Nessuna voce si è alzata a fare da scudo nei confronti di quella che dovrebbe essere la guida della Regione. E lo stesso è accaduto in seguito alla polemica col presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone. Crocetta ormai, insomma, pare un corpo estraneo alla giunta, o – se la si vuole guardare dall’altra prospettiva – è la giunta che è estranea a Crocetta.
E l’immagine evidente di questa distanza, è tutta in quella lettera. Una lettera aperta indirizzata addirittura al proprio assessore all’Economia Alessandro Baccei. Anzi, le surreali missive sono due: una per chiedere chiarimenti sui fondi ai disabili, l’altro per rivendicare i meriti sulla legge per la stabilizzazione dei precari. Insomma, presidente e assessore all’Economia (un assessorato chiave, evidentemente, per la vita istituzionale della Regione), non parlano fra loro. Sono così lontani da dover comunicare con le letterine. Crocetta, in calce a quella lettera, ha messo così anche una firma a un fallimento politico. All’incapacità, cioè, di essere davvero una guida. Crocetta e i suoi assessori, sono lontani.
La distanza dai partiti
“Ho tutto il diritto di creare un mio movimento. Il Pd? Davvero crede di poter vincere senza di me o addirittura contro di me?”. L’altra distanza siderale è quella tra il governatore e il Pd. O almeno, da una parte di esso. Quello che fa capo a Davide Faraone e all’area più genericamente riferibile all’ex premier Matteo Renzi. Ma “Riparte Sicilia” sta infastidendo, e molto, i dem che di problemi ne hanno parecchi: basti guardare il caso dei tesseramenti a Catania. E se col Pd le cose non vanno proprio per il verso giusto, non è che vada meglio con gli altri partiti. Dell’Udc si è già detto. Ma anche con altre forze “alleate”, Crocetta è ai ferri corti. In questo caso, a innescare le polemiche due casi “siracusani”, quello, poi rientrato, riguardante il caos sull’accorpamento delle Camere di commercio e l’altro relativo al trasferimento dell’Autorità portuale a Catania. Questioni che hanno portato esponenti della maggioranza come, ad esempio, il presidente della commissione bilancio Vincenzo Vinciullo, deputato del Nuovo centrodestra, ad annunciare il proprio passaggio all’opposizione e a scendere persino in piazza contro il governo. Proprio oggi, invece, ecco l’affondo di Sicilia Futura, che tramite il segretario regionale Nicola D’Agostino e il capogruppo all’Ars Beppe Piccolo ha lanciato un chiaro avvertimento a Crocetta: “Basta con le chiacchiere, i tatticismi, le comparsate. Il governo pensi a risolvere i problemi in occasione della prossima Finanziaria, o non è affatto certo il nostro appoggio”.
Il “coro” del governatore
Ma non tutto il peso della situazione, oggi, può essere ovviamente riversato sul governatore. Attorno a Crocetta, infatti, si è stabilizzato un esecutivo composto da assessori che in passato non avevano risparmiato critiche anche feroci al presidente. Le “sferzate” di Antonello Cracolici e – anche – di Bruno Marziano, ad esempio, sembravano avere uno scopo costruttivo. In realtà, una volta raggiunte le poltrone dell’esecutivo, ogni critica, ogni dubbio è stato riposto comodamente nel cassetto. Nell’accucciarsi attorno al tavolo dell’esecutivo, da sempre luogo ideale soprattutto in vista delle tornate elettorali, si è andati avanti così, incuranti dei problemi reali. Come è emerso proprio nel “caso disabili”. Ma non solo. E lo stesso vale da quella stessa maggioranza che in quattro anni ha lanciato ripetutamente avvertimenti al governatore. Salvo poi guardarsi bene dal passare alle vie di fatto, che si tradurrebbero, ad esempio nel caso degli scontenti renziani, nell’abbandono di un governo a lungo criticato, o nel caso degli altri partiti in una mozione di sfiducia che manderebbe, però, tutti a casa. E così, al di là dei comunicati stampa, il nulla.
Il distacco da istituzioni e realtà
Ma Crocetta, nel frattempo, ha finito per allontanarsi forse definitivamente dalle istituzioni. Le stesse che dovrebbe incarnare e rappresentare. E invece, ad assistere alle sue comparsate televisive o alle sue conferenze stampa, si ha come l’impressione che a governare, negli ultimi quattro anni e mezzo, non sia stato lui. E la polemica col presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone è solo l’esempio più eclatante di un rapporto “malato” con l’Assemblea regionale siciliana. Un parlamento che non brilla certo per operosità, ma che è stato, spesso, bistrattato da un governo puntualmente in ritardo nella presentazione dei documenti contabili, quasi sempre assente in Aula, incapace di dettare una linea. Insomma, il governatore, ossia il massimo rappresentate delle istituzioni siciliane, si comporta da “antipolitico”, da “anticasta”, nonostante guidi un governo pieno di politici e nonostante abbia trasformato il sottogoverno in una piccola congregazione di fedelissimi. Una specie di grillismo istituzionale che nulla ha di istituzionale. Un residuo degli intenti rivoluzionari annacquati nei fallimenti dei suoi governi. Fallimenti quasi mai ammessi, anche solo per un’autocritica utile a se stesso. E invece, Crocetta cavalca ancora imprecisioni e sparate televisive, sfodera classifiche strabilianti e numeri da far brillare gli occhi. Convincendosi, o facendosi convincere, di essere ancora un presidente popolare e amato. Apprezzato e sostenuto da un’ampia fetta di Sicilia. Perché prima ancora dello scollamento con la giunta e i partiti, le istituzioni e la politica, il presidente si è separato dalla realtà.