Da Lignano a Palermo in Harley: on the road con gli "amici speciali"

Da Lignano a Palermo in Harley|On the road con “amici speciali”

Gian Piero Papasodero, al centro, coi 'suoi' ragazzi
Due tappe siciliane nel tour "Route 21", che porterà i protagonisti alla scoperta del nostro Paese (e della vita)

PALERMO – Il vento che accarezza il viso, il senso di libertà e continua scoperta, la ‘musica’ del motore di una Harley-Davidson a stuzzicare i sensi: le emozioni di un lungo viaggio in moto possono rivelarsi uniche, di quelle da non dare per scontate. In Italia c’è qualcuno che lo sa bene e per questo cerca di renderle alla portata di tutti, aprendo strade e itinerari (reali e interiori) che sembravano preclusi: chiedere a Gian Piero Papasodero, 48enne ex giocatore di football americano in Serie A, fondatore dell’associazione veronese “Diversa Mente” e ideatore dell’iniziativa “Route 21 Chromosome on the Road”. Ingredienti semplici ma esplosivi: le iconiche Harley, Papasodero, altri due motociclisti ma soprattutto loro, sei ragazzi down, uno con una malattia sconosciuta e un altro con un ritardo cognitivo, che si alternano in un viaggio pieno di incognite. E che questanno per la terza volta farà tappa in Sicilia.

I partecipanti si raduneranno domani 3 settembre per partire l’indomani da Lignano Sabbiadoro, in provincia di Udine; il tour si chiuderà dopo un mese proprio con le due tappe siciliane, a Palermo il 1° e il 2 ottobre, e ad Acireale, nel Catanese, il 3 (qui la pagina Facebook col programma completo). Il tutto senza alcun contributo obbligatorio, ma basandosi sull’autofinanziamento e sulla generosità di chi si incontra lungo il cammino.

“Route” come la leggendaria strada statunitense Route 66, “21” come il cromosoma in più con cui nasce chi ha la Sindrome di Down. L’essenza dell’idea di Papasodero, che è anche designer e ha servito nell’esercito per cinque anni come sottufficiale, è già racchiusa nel nome. Un percorso in tutti i sensi, fatto di scoperte, curiosità e azione, durante il quale è inevitabile mettersi in gioco e tirar fuori ogni cosa praticamente dal nulla. “È un viaggio in solitaria – commenta Papasodero intervistato da Live Sicilia – quindi l’equipaggio è sempre formato solo da me e da uno degli otto ragazzi, che si scambiano in questa staffetta da Lignano alla Sicilia. Solo due tappe avranno due equipaggi, che però in ogni caso faranno ciascuno un itinerario differente”.

“Questo perché l’idea è di far avere al ragazzo una relazione continua col motociclista – spiega – per inserirlo a tutti gli effetti nella ‘normalità’ di noi harleysti… Se tale si può definire! D’altronde chi può dire cos’è normale e cosa no? E perché? Nell’associazione Diversa Mente non abbiamo ragazzi malati o ‘affetti da…’. Abbiamo ragazzi normali, perché penso che il concetto del misurare la normalità sia il più aleatorio che esista. Noi non facciamo proprio questi pensieri – ribadisce – e infatti siamo aperti a qualsiasi richiesta di partecipazione al nostro progetto. Anche il nome Route 21 è sì un richiamo alla Sindrome di Down, ma non è un limite: da tre anni viaggia con noi anche una fra le sole nove persone al mondo che hanno una certa malattia senza nome e senza cura. Un ragazzo che appena sveglio prende qualcosa come diciotto pillole al giorno”.

Negli anni il viaggio ha avuto sugli “amici speciali” di Papasodero, come lui li definisce sulla pagina Facebook della Route 21, un impatto che l’ideatore considera “pauroso. Un miglioramento oggettivo di ogni ragazzo, che attraverso il viaggio e la moto si è poi autoaffermato come individuo nella società. Hanno trovato una risposta a domande che non si erano neanche posti. Come Federico: sei anni fa, al ritorno del suo primo viaggio, smise di volere i vestiti che sua madre gli comprava fino a pochi giorni prima, si fece crescere la barba, smise di parlare coi gatti, e poi ancora diventò molto attivo sui social e scoprì che attraverso il rap poteva esprimersi in contesti per lui molto difficili come l’esposizione della sua tesi di laurea”.

Una crescita umana sostanziale che l’ex giocatore di football ha riscontrato anche nei genitori dei giovani harleysti: “Anche loro hanno imparato molto, a rapportarsi in modo diverso coi figli e a dialogare con loro partendo da nuove basi. Credo basti un esempio pratico: metti quattro ragazzi down intorno a un tavolo per ore, anche a fare certe attività come il disegno: alla fine cosa ti è rimasto in più? Invece fagli fare un giro in moto, a contatto con la gente, con la continua responsabilità dei propri bagagli e della propria economia di viaggio. Lo dice uno che ha fatto cinquantamila chilometri insieme a loro: in questi contesti, io spesso la disabilità non la vedo”.

La Route 21 sarebbe una grande sfida per chiunque, ma nel contesto in cui prende forma riesce anche ad acquisire un valore aggiunto inestimabile: apre le porte di un mondo sconosciuto a coloro che, in assenza di trovate come questa, probabilmente faticherebbero a evadere dalla routine di una continua ‘comfort zone’ fatta di apprensione, limiti e monotonia. Ecco perché in altre occasioni Papasodero ha definito l’esperienza una “missione di sensibilizzazione”, che ogni anno è sempre più incisiva: “Ormai è un evento che raggruppa quindicimila follower fra due pagine Facebook, con dirette seguite da diciottomila persone. Non potendo portare con me tutti i ragazzi che vogliono fare questa esperienza, si è deciso di puntare al farne un progetto di comunicazione”.

Oggi migliaia di persone, da Palermo a Trieste, conoscono il mondo della Route 21. “Tutte animate dallo stesso spirito – assicura Gian Piero Papasodero –. È semplice: chiunque nella vita ha avuto un amico, una spalla a cui appoggiarsi per svangare una situazione, e ritengo che ognuno di questi ragazzi debba avere un amico con cui iniziare un percorso, attraverso un’associazione che non ha sponsor e non chiede un euro ai genitori ma vive di donazioni spontanee”. Il viaggio sarà lungo e ricco di imprevisti, ma il motociclista non vede l’ora di ritrovare la ‘sua’ Sicilia: “Ci sono stato già due anni per la Route 21 – racconta – ma anche con l’esercito, quando ho fatto servizio per sei mesi alla caserma Scianna di Corso Calatafimi, a Palermo, e come giocatore di football perché per anni ho giocato contro le squadre siciliane che negli anni Novanta erano avversari duri. Mi aspetto una fantastica accoglienza, che già conosco e che sono sicuro arriverà”.


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