29 Marzo 2019, 12:28
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PALERMO – Una ricostruzione minuziosa. Tasselli che si incastonato uno dopo l’altro fino ad arrivare alla conclusione che sarebbe stato Pietro Seggio ad uccidere Francesco Manzella. Il fermo della Procura della Repubblica adesso passa al vaglio del giudice per le indagini preliminari per la convalida.
Son stati dodici giorni frenetici per gli investigatori guidati dal capo della Squadra mobile di Palermo Rodolfo Ruperti e dal dirigente della Sezione omicidi Luca Scittarelli.
Tutto inizia con la telefonata al 113 di due residenti di via Gaetano Costa. Dicono di avere sentito “un rumore come una sorta di botto e subito dopo una macchina che si allontanava”. Sono usciti in strada e hanno visto il cadavere dentro la Volkswagen Polo. Francesco Manzella è stato assassinato con un colpo di pistola alla tempia sinistra.
In tasca ha un telefonino Alcatel. Dall’analisi dei tabulati saltano fuori i contatti con due persone. Il primo, che non vive a Palermo, spiega i suoi spostamenti e la versione viene ritenuta credibile. Il secondo uomo è Pietro Seggio che, sentito dai poliziotti, racconta di avere contattato Manzella alle 17:30 per comprare della cocaina. Richiesta rinnovata alle 20:00 con consegna della droga alle 22:00 avvenuta vicino alla pizzeria “Antico Borgo”, di via Molara, di cui Seggio è il titolare.
Aggiunge di essere tornato nel locale e di esservi rimasto fino alle 23:30 prima in compagnia dei pizzaioli e poi da solo fino alle 00:30 in attesa di una ragazza che non si era presentata (ascoltata dagli investigatori ha spiegato che non era in programma che andasse in pizzeria). A quel punto si era “messo a giocare con il computer o a navigare su Internet”. Quindi era rientrato a casa a bordo della sua macchina, una Audi A1, la sola auto che utilizza. Ammette di conoscere Manzella da due anni. È il suo pusher di riferimento. Da lui a ha comprato droga a credito, ma ha saldato il conto.
Il passaggio investigativo successivo è quello di sentire i parenti di Manzella. Non aggiungono particolari, ma i poliziotti si rendono conto che nascondono qualcosa. Alla seconda convocazione, all’indomani del delitto, la moglie racconta che il marito il giorno prima era “particolarmente nervoso e agitato… mai visto prima così agitato”. Era uscito di casa intorno alle 23:30. Quando la donna ha scoperto il luogo del delitto su Internet ha ricollegato la posizione alla pizzeria dei Seggio. I parenti del presunto assassino “lo guardavano storto (si riferisce al marito, ndr) in quanto lo ritenevano responsabile dei problemi con la droga” di Seggio e gli avevano “intimato di smettere di rifornirlo di stupefacenti”.
La moglie e il figlio di Seggio, la sera prima del delitto, erano andati a trovare Manzella nel luogo dove avvenivano solitamente la consegne della droga: “Non doveva farsi più vedere e avrebbero saldato il dovuto domenica”. Seggio, infatti, aveva un debito di 700 euro con lo spacciatore. Il marito le aveva raccontato di essere stato minacciato dal padre di Seggio. Qualora avesse continuato a vendergli la droga “gli avrebbe sparato in faccia”. Sempre la donna aggiunge che alle 20:00 del giorno del delitto aveva sentito il marito dire al telefono a Pietro Seggio: “No, ora non ci possiamo vedere, dopo le undici ci possiamo vedere”.
Moglie e figlio del fermato confermano l’incontro con Manzella. Non era la prima volta. Da tempo cercavano invano di allontanare Seggio dalla dipendenza dalla cocaina. La vita in casa era diventata impossibile. Le liti erano all’ordine del giorno, così come i problemi economici. Avevano provato ad aiutarlo a smettere. Tutto inutile, ormai erano piombati dentro un dramma familiare.
C’è bisogno di sentire di nuovo Pietro Seggio. Cambia qualcosa nel suo racconto. Il secondo incontro con Manzella non era avvenuto alle 20:00, ma due ore dopo quando Seggio gli aveva lasciato la droga nella cassetta della posta della pizzeria. La sua ricostruzione inizia vacillare con la testimonianza di uno dei pizzaioli. Racconta di essere andato via dalla pizzeria alle 22:47 e non alle 23:30 come aveva riferito il presunto assassino. Lo ricorda bene perché appena uscito dal locale aveva inviato un Sms alla moglie per avvertirla del suo rientro.
Ulteriori elementi vengono fuori dall’analisi del computer utilizzato da Seggio. Nella cronologia della navigazione ci sono tracce di contatti via chat su Facebook con una ragazza alle 23:10 e il successivo alle 00:07.
Gli agenti della Mobile acquisiscono le immagini di una telecamera che inquadra una Fiat Panda di colore oro, intestata alla madre di Seggio, uscire alle 23:13 dalla pizzeria per farvi rientro alle 23:43. È l’unica macchina, non c’è traccia dell’Audi. In mezz’ora, che coincide con la pausa dell’utilizzo di Internet, secondo l’accusa, Seggio ha avuto il tempo di percorrere via Olio di Lino, raggiungere via Vittorio Bachelet, costeggiando il carcere Pagliarelli, invertire il senso di via marcia in via Ernesto Basile, arrivare in via Gaetano Costa e uccidere Manzella con un colpo di pistola alla tempia sinistra. I poliziotti hanno cronometrato i tempi: per andare dalla pizzeria al luogo del delitto e ritorno ci vogliono al massimo 15 minuti, la metà quando non c’è traffico.
Un colpo solo alla tempia. Gli investigatori parlano di “estrema freddezza ed evidente competenza e abilità nell’uso dell’arma da sparo”. Un profilo compatibile con la figura di Seggio, il quale possiede, con regolare porto d’armi, due revolver e fucili. L’arma del delitto non è stata trovata. Il fermo è stato disposto dal procuratore aggiunto Ennio Petrigni e dai sostituti Giulia Beux e Giovanni Antoci. Il movente sarebbe il debito e il clima di esasperazione.
“Ho incontrato il mio cliente nel mio studio martedì scorso, dopo che gli hanno notificato un avviso di garanzia. Pietro Seggio si è professato innocente, mi ha ribadito che lui con questo omicidio non c’entra nulla. Non conosco ancora il provvedimento di fermo e non so quando sarà previsto l’interrogatorio davanti al gip”. Lo ha detto Giovanni Castronovo, il legale di Pietro Seggio. L’indagato ha detto di volere parlare soltanto davanti al proprio avvocato.
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