Senatore Faraone, chi vincerà le elezioni regionali in Sicilia?
“Non lo so, mi lasci solo confessare lo sdegno che sto provando nel vedere il valore della politica messo sotto i piedi da chi usa le liste e i partiti come taxi elettorale, da chi cambia partiti con la stessa frequenza con cui cambia le mutande. Credo che queste elezioni regionali siano il più grande spot per l’antipolitica ed il qualunquismo. Anzi, so chi vincerà, l’astensionismo”.
Oroscopo della politica, tra Palazzo Chigi e Palazzo d’Orleans. Le previsioni sono di Davide Faraone, siciliano, renzianissimo e combattivo più che mai, mentre, nei Palazzi elettorali, di tutto si parla, fuorché di problemi e soluzioni possibili.
Il centrodestra, per molti, gode dei favori del pronostico. Ma è arrivato alla sintesi della candidatura di Renato Schifani dopo aspre polemiche e lotte: pensa che quelle ferite profonde si siano rimarginate?
“Credo di no, penso che dopo le elezioni inizierà lo stesso balletto di sempre, sia dentro le coalizioni che tra le coalizioni, nessuno avrà i numeri in assemblea per governare. E poi il voto segreto su ogni cosa è un’autentica porcheria che mette sotto ricatto qualunque presidente dovesse risultare vincitore. L’Ars oggi rappresenta la morte della politica”.
Il centrosinistra è in pieno psicodramma, dopo la rottura grillina. Come la vede?
“Il Pd si è fatto portare al guinzaglio per mesi dai grillini. Hanno avallato tutto quello che i grillini chiedevano, no ponte, no termovalorizzatori, no rigassificatori, sì giustizialismo. Hanno fatto pure le primarie digitali e non in presenza, per i grillini. Si sono totalmente appiattiti e alla fine, dopo essere stati umiliati, sono stati pure mollati. Anche a livello nazionale è andata così, mollati sulla fiducia al governo Draghi. Il problema non sono i grillini, li conosciamo, il problema è un Pd sprovveduto e ingenuo”.
Giuseppe Lupo non si candiderà alle regionali, il clima è avvelenato dalla disfida sulle liste pulite...
“Esprimo la mia solidarietà personale a Peppino Lupo e ad Angelo Villari. Non si trattano così due persone perbene come loro. Additati come impresentabili, come mostri, quando non hanno nemmeno un primo grado di giudizio. Questo è becero giustizialismo, è disumanità. Non c’entra la politica, a me dispiacciono le notti insonni a cui li hanno costretti, il dolore dei loro familiari”.
La frattura è componibile, oppure Pd e M5S sono ormai su strade diverse?
“Al peggio non c’è mai fine, dopo tutto quello che è accaduto ci sono ancora esponenti del Pd che sognano, dopo le elezioni, un’alleanza con loro. Auguri”.
Ma se lei fosse ancora un esponente del Pd, dal suo punto di vista, con chi se la prenderebbe di più?
“Con me stesso se fossi rimasto lì dentro e quindi fossi costretto a darle questo giudizio. Sono rispettoso per le dinamiche interne ai partiti e non mi esprimo. Mi lasci solo dire che mi rattrista vedere capolista in Sicilia una donna che si chiama Furlan, una beffa per il Sud, una beffa per i dirigenti siciliani del Pd, ne hanno di bravi, non avevano bisogno di andarli a cercare in Liguria”.
Qual è il peso reale di Cateno De Luca, secondo lei?
“C’è una classe politica siciliana a destra come a sinistra che sta scrivendo il manuale dal titolo: ‘Come far vincere le elezioni a Cateno’. Poi lui è bravo a far emergere i limiti della politica e prenderà un po’ di voti che sono stati grillini in passato. Cateno è un amico, non ne posso parlare male, però a me non è mai piaciuto cavalcare l’antipolitica, mi ha più entusiasmato trovare risposte per azzerarla, questo mi rende differente da lui”.
E veniamo a voi. Non si può dire che, fin qui, il vostro candidato, Gaetano Armao, abbia fatto particolarmente faville. Concorda?
“Ha avuto il coraggio di scegliere il terzo polo e metterci subito la faccia, non mi sembra roba da poco. In una regione in cui in tanti si schierano soltanto dopo che hanno capito chi vince, a prescindere dalle idee e dai programmi. Lo sport più diffuso in Sicilia è il salto sul carro del vincitore e il terzo polo è la strada più entusiasmante e di prospettiva, ma anche la più impervia”.
Come mai avete indicato proprio l’assessore all’Economia e vicepresidente del governo Musumeci? Il vostro elettorato non rischia di confondersi?
“Donne e uomini che sono stati tenuti distanti forzosamente, schiacciati in un finto bipolarismo, finalmente stanno trovando la forza di ribellarsi e ritrovarsi nel terzo polo. Basta essere vittime di populismi grillini e sovranismi meloniani, finalmente nasce il centro. Diamo gambe alla maggioranza degli italiani che ha sostenuto Draghi in questi anni. Sono orgogliosi di far parte della stessa coalizione di Carlo Calenda e Mara Carfagna, era innaturale semmai quando stavamo in partiti diversi”.
Quali sono le prime cose da fare per la Sicilia?
“Liberarsi dall’assistenzialismo e dall’ascarismo, un’impresa, ma sono le precondizioni per lo sviluppo”.
Passiamo al quadro nazionale: non rischiate di venire stritolati in una lotta bipolare tra il centrodestra e il centrosinistra?
“No, siamo la vera e unica novità del quadro politico italiano. I grillini un deja vu, per non parlare di Berlusconi. Letta è quello che ha aumentato l’IVA, Meloni una Le Pen che ci prova per la prima volta”.
Lei immagina Giorgia Meloni già a Palazzo Chigi?
“No. Ma se si vuole scongiurare e si pensa che Draghi debba continuare il suo ottimo lavoro bisogna votare il terzo polo”.
Nel caso, invece, accadesse, pensa che ci sarebbero pericoli di un ritorno di fantasmi del passato, sia pure in un contesto diverso?
“Non c’è fascismo alle porte, a me preoccupa la Meloni perché ci isola dall’Occidente, ci rende deboli in Europa, per le sue ricette economiche, per le sue chiusure mentali rispetto al progresso. Mi preoccupa per questo, non per la fiamma”.
Giorgia Meloni o Enrico Letta: con chi (non) andrebbe a cena?
“Vanno a cena già insieme Sandra e Raimondo, non mi inviterebbero. Al massimo potrei fare la candela. Fanno finta di litigare, ma sono amici e fingono la rissa per beneficiare del voto utile. Gli italiani non sono fessi, capiscono che è solo wrestling”.
Sarà possibile, dopo le elezioni, trovare una forma di coesistenza pacifica con il Pd, in vista di un accordo, se ci saranno le condizioni?
“A noi interessa avere i numeri necessari per far tornare Mario Draghi a Palazzo Chigi, questo è l’obiettivo. Le altre colazioni sono infarcite di quelli che Draghi lo hanno mandato a casa”.
Insistiamo sul punto: non rischiate di essere troppo leggeri e di costituire un aggregato di testimonianza, magari, e di idealità, con uno scarso peso di consensi?
“Idealità e pragmatismo sono le nostre parole d’ordine, c’è bisogno della nostra concretezza e delle nostre idee. Vedrete che in tantissimi ci voteranno, lo percepisco”.
Cosa ne pensa delle polemiche sui candidati ‘paracadutati’ in Sicilia?
“Polemica più che giusta. Non è fuorilegge una candidatura fuori territori ma è sbagliata nei confronti degli elettori che non ti conoscono e non avranno il piacere nemmeno in futuro”.
Lei dove si candida?
“Nella mia regione, anche se più a rischio per me ho rifiutato qualsiasi altra collocazione”.
Perché ha scelto la Sicilia?
“Perché ci sono nato, ho fatto le scuole, ho la mia famiglia, i miei amici, ho fatto i miei primi passi in politica, i miei primi successi per le persone con disabilità e le loro famiglie. Sarebbe stato furbo ma innaturale stare da un’altra parte”. (Roberto Puglisi)