Il delitto di mafia impunito, la figlia: “Non chiudete il caso” - Live Sicilia

Il delitto di mafia impunito, la figlia: “Non chiudete il caso”

Alessandro Rovetta e Francesco Vecchio furono uccisi il 31 ottobre 1990, l’appello di Maria Luisa Rovetta affidato a un podcast in Lombardia
TERZA ARCHIVIAZIONE
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Catania. Per la terza volta la Procura di Catania ha chiesto l’archiviazione delle indagini sul duplice omicidio di Alessandro Rovetta e Francesco Vecchio, rispettivamente amministratore delegato e direttore del personale delle Acciaierie Megara, uccisi a colpi d’arma da fuoco all’esterno dell’azienda il 31 ottobre del 1990 proprio nella città di Catania.

Del caso ha parlato la figlia di una delle due vittime, Maria Luisa Rovetta, che all’epoca dell’omicidio aveva solo 2 anni e che ha riferito di aver saputo dell’assassinio di suo papà solo nell’adolescenza. La giovane, che oggi vive a Brescia, città di cui è originaria la sua famiglia ed era originario suo padre, è stata intervistata in un podcast di Emanuele Galesi e Francesco Zambelli su breccia.news, “Breccast”, intitolato “Alessandro Rovetta – Un omicidio di mafia ancora impunito”.

Il podcast ricostruisce la storia dell’azienda e propone anche la ricostruzione della figlia, che fa coraggiosamente nomi e cognomi. Le prime ipotesi investigative conducono dritte alla commissione regionale di Cosa Nostra, che in qualche modo sarebbe stata attratta dal finanziamento di svariati miliardi di lire ottenuto dalle Acciaierie Megara, ipotesi avvalorata dalla dinamica del delitto, attribuibile a un commando paramilitare, proprio come quelli che Riina e Provenzano, in quegli anni, mandavano in giro a compiere stragi. Un possibile collegamento con Provenzano sarebbe stato attribuibile a due “pizzini” dell’ex primula rossa che farebbero riferimento alla “feriera”.

Le principali ipotesi però sarebbero state tre: i Santapaola-Ercolano e gli obiettivi del clan, che avrebbe voluto metter piede in azienda non riuscendoci; le mire di Cosa Nostra palermitana relative alla compravendita di un terreno in quella zona, appartenente alla Megara; infine un’ipotesi, più recente, relativa a un tentativo di estorsione ai danni di Vecchio da parte del clan Sciuto. Sta di fatto che anche questa volta, per la magistratura requirente che aveva riaperto il caso, non ci sarebbero riscontri e comunque gli elementi raccolti non sarebbero sufficienti per sostenere l’accusa in un eventuale processo.

Ma la famiglia chiede di indagare ancora. “Non è ancora stata fatta chiarezza su quanto avvenuto quella sera. Da poco c’è arrivata la terza richiesta di archiviazione – ha aggiunto Maria Luisa Rovetta nel corso del podcast – alla quale ci siamo ovviamente opposti perché a nostro avviso le indagini possono avere ancora degli approfondimenti, se solo si volesse scavare maggiormente”. A opporsi all’archiviazione, va sottolineato, è stata anche la famiglia di Francesco Vecchio, che chiede a sua volta di conoscere, una volta per tutte, la verità su questo terribile delitto. Una verità negata da oltre 32 anni. 


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