CATANIA- Peculato, rifiuto atti d’ufficio, violenza privata, falso ideologico e calunnia. Con queste accuse, a vario titolo, 6 finanzieri sono stati rinviati a giudizio dal tribunale etneo su richiesta della Procura guidata da Giovanni Salvi; l’indagine è stata curata dai Pm Andrea Bonomo e Jole Boscarino. Si tratta di un troncone del procedimento Scarface, stralciato durante la fase di conclusione delle indagini e adesso arrivato a giudizio.
Le indagini sono state effettuate dalla Guardia di Finanza guidata da Roberto Manna, che ha portato avanti un’opera di “pulizia” all’interno del comando di Catania, riuscendo ad isolare alcune “mele marce”. L’unico nome integralmente noto è quello di Francesco Caccamo, finanziere accusato in diversi capi d’imputazione. Insieme a lui il vicebrigadiere D.M. È accusato di peculato perché “avendo ottenuto per ragione dell’ufficio il possesso di un involucro contenente sostanza stupefacente del tipo cocaina, che veniva loro consegnata nel corso di una perquisizione domiciliare, non redigendo alcun verbale di sequestro e trattenendo tale sostanza se ne appropriavano”.
Altro capo d’imputazione vede imputato anche l’appuntato G.C., l’accusa è rifiuto d’atti d’ufficio, perché dopo il sequestro di cocaina hanno “indebitamente rifiutato un atto dell’ufficio che, per ragioni di giustizia, doveva essere compiuto senza ritardo”.
C’è anche un capo di violenza privata, perché durante la perquisizione, i finanzieri avrebbero agito “sia con abuso dei poteri che con violazione dei doveri inerenti la pubblica funzione esercitata”.
Pesantissima l’accusa nei confronti di tutti i sei finanzieri: sono stati rinviati a giudizio anche per falso ideologico. Tutto sarebbe avvenuto durante il sequestro di 200 dosi di cocaina, per il quale sono stati denunciati, pur non essendo colpevoli, cinque giovani catanesi. I finanzieri hanno attestato falsamente, secondo la Procura, di aver visto a bordo di ciclomotori i giovani “fare da civetta ovvero da palo ad altri sei soggetti a bordo di tre potenti ciclomotori mentre questi ultimi si prodigavano a nascondere per terra tra due grossi bidoni della spazzatura una vistosa busta di plastica di colore bianco”. In particolare, i cinque giovani ingiustamente denunciati, “con i loro ciclomotori -si legge nel falso verbale redatto dai finanzieri- hanno fatto da contorno coprendo di fatto le movenze dei soggetti poi rimasti ignoti e che hanno poi aiutato a fuggire allorquando sono giunte le due auto civetta”. In realtà, ha ricostruito la Procura, i finanzieri si sarebbero inventati ogni cosa: “Non avevano visto -scrive la Procura- alcun soggetto nascondere la droga, né, tantomeno, avevano mai visto le le persone denunciate coprire e fare da palo ad alcuno”.
I finanzieri sono accusati anche di calunnia per aver “incolpato ingiustamente” il gruppo di giovani denunciati.
E poi, Francesco Caccamo, unico nome noto dei finanzieri accusati, si sarebbe portato a casa un monitor sequestrato nel 2011, “dopo aver falsamente attestato di aver proceduto alla distruzione come disposto dal tribunale di Catania”.
LA DIFESA. L’avvocato Gabriele Celeste dopo la decisione del Riesame di sottoporre Caccamo ai domiciliari dichiarò a LiveSicilia: “Il luogotenente Caccamo è molto più sereno in quanto è caduta l’accusa più grave che è quella di aver favorito un gruppo mafioso. E’ fiducioso che la giustizia faccia il suo corso e che nel corso del procedimento riuscirà a provare che è estraneo anche alle altre accuse che gli sono contestate”.