La 'guerra dei depuratori' che blocca la Sicilia - LiveSicilia

Depuratori in Sicilia, molte opere a rischio mentre a Roma litigano

Il mandato del commissario è scaduto, iter bloccati

PALERMO – L’ultimo bando sulla Sicilia annunciato sul sito ufficiale del Commissario unico per la depurazione delle acque risale al 18 febbraio 2023: lavori di adeguamento del sistema fognario e realizzazione di un nuovo impianto di depurazione a Niscemi, in provincia di Caltanissetta. La macchina messa in piedi per fronteggiare la procedura di infrazione in materia ambientale contro l’Italia è ferma e ne fanno le spese i progetti da portare avanti e quelli da rendicontare per non perdere, soprattutto in Sicilia, il treno dei finanziamenti europei.

Struttura commissariale bloccata, Sicilia nel pantano

La struttura è nazionale ma, di fatto, si è occupata soprattutto delle regioni del Sud, e in particolare della Sicilia. È nell’Isola, infatti, che affonda le radici il 90% dei problemi sulla depurazione delle acque finiti alla base della procedura di infrazione contro l’Italia. Scarichi diretti in mare, depuratori fuori uso o, nel migliore dei casi, vecchi e inadeguati rispetto ai nuovi parametri, sono stati la causa di multe salatissime pagate dall’Italia all’Unione europea. Un dossier aperto dalla commissione parlamentare Ecomafie nella scorsa legislatura ha dipinto un quadro pesantissimo, in particolare per la Sicilia.

La ‘guerra’ dei depuratori

Davanti a questa situazione, la struttura del Commissario unico per la depurazione delle acque aveva impresso una forte accelerazione sia sul fronte della progettazione che dell’affidamento delle opere ma dall’11 maggio la cabina è senza regista. Quel giorno, infatti, è scaduto il mandato del commissario Maurizio Giugni e dei due vice (Stefano Vaccari e Riccardo Costanza) e le guerre interne al centrodestra stanno bloccando l’unica via d’uscita per l’Italia. Il decreto di nomina dei nuovi vertici che avrebbe portato alla guida della struttura Cirino Gallo in quota Lega – con vice Antonino Daffinà (vicino al presidente della Calabria, il forzista Francesco Occhiuto) e l’uscente Costanza , siciliano – è finito nel mirino di FdI che lo avrebbe fatto ritirare poco prima della registrazione alla Corte dei Conti nonostante fosse già firmato da Palazzo Chigi. Esauriti i 45 giorni di proroga, la struttura è senza vertici: nessuno che abbia potere di firma, che possa pagare le imprese o approvare varianti.

Derby di centrodestra tra Fratelli d’Italia e Lega

I meloniani avrebbero messo gli occhi sul ruolo del commissario unico per la depurazione e a circolare con insistenza è il nome dell’ex deputato Fabio Fatuzzo, catanese e volto del partito della premier; a completare la terna potrebbero essere Daffinà e un altro siciliano sempre di FdI ma stavolta palermitano, ossia l’ex assessore Toto Cordaro. Una formula che di fatto toglierebbe una poltrona alla Lega per darla agli alleati di Fratelli d’Italia che così ne avrebbero due; prospettiva che non fa fare i salti di gioia al Carroccio che avrebbe iniziato a mettersi di traverso col risultato di uno stallo che dura da due mesi.

Il nodo dei fondi comunitari

La ‘guerra dei depuratori’ sta bloccando le opere già in corso, quelle da avviare e quelle da programmare. Nei primi due casi le urgenze più immediate riguardano interventi per complessivi 218,5 milioni di euro. I riflettori sono puntati anche sul calendario, dal momento che una cinquantina di milioni dovranno essere spesi, con mandati di pagamento firmati entro il 31 dicembre 2023 per potere rientrare nella vecchia programmazione europea. La scadenza rappresenta anche la proverbiale beffa che si accompagna al danno: le opere, infatti, sono finanziate anche con la vecchia programmazione europea le cui risorse sono proprio a rischio disimpegno per l’assenza di progetti portati avanti. La Regione sta provando a correre per spendere al meglio e in fretta entro fine anno, e ha varato anche una riprogrammazione della spesa che dovrebbe consentire di limitare i danni ma al momento, per quanto riguarda le opere di depurazione, non può contare più su una Struttura commissariale che fino a pochi mesi fa forniva progetti e realizzava bandi contribuendo in maniera consistente al raggiungimento dei target.

La Sicilia che attende, i casi Sciacca e Palermo

Le opere da rendicontare entro dicembre sono sparse per la Sicilia: da Palermo ad Agrigento, da Campobello di Mazara a Capo d’Orlando passando per Favara, Marsala, Gela, Patti. Un problema che ha messo in allarme anche i sindaci perché in alcuni casi, come a Sciacca, le imprese si sono già fermate mentre in altri, vedi Palermo, mandano segnali d’allarme. Fabio Termine, sindaco di Sciacca, lo scorso 4 agosto ha scritto direttamente a Giorgia Meloni per evidenziare come la mancata nomina di un successore di Giugni stia causando “il blocco della struttura commissariale e di conseguenza il mancato pagamento dei lavori alle imprese appaltatrici”. A Palermo un’azienda impegnata in alcuni lavori ha lanciato l’avvertimento sul fronte della liquidità che manca: “Non siamo una banca…”. Dietro l’angolo non c’è soltanto il rischio di un blocco dei cantieri ma anche quello di potenziali contenziosi che allungherebbero ulteriormente i tempi costringendo il Paese a pagare ancora per il più classico dei cani che si mordono la coda.

*Aggiornamento del 25 agostoIl governo nazionale ha scelto i tre nomi per la struttura commissariale


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