PALERMO – Fin dal suo primo giorno di reclusione ha sempre fatto il bibliotecario negli istituti penitenziari dove era, di volta in volta, ospite. Attività, che continua a svolgere anche a Palermo, nel carcere Ucciardone.
F.G., 70 anni, ex imprenditore, condannato per omicidio a 25 anni di carcere, (deve scontarne altri 7) si definisce “un lettore compulsivo”, sin da bambino. Ed è stata proprio questa forte passione per la conoscenza e la scoperta che lo ha spinto a chiedere di poter frequentare un corso di laurea. E così oggi, grazie ad un permesso speciale, nell’aula magna del dipartimento di Scienze psicologiche e pedagogiche dell’ateneo palermitano, F. G: ha discusso la tesi dal titolo “Guerre, le nuove guerre… e la pace?” al fianco del suo relatore Tommaso Baris, e vicino alla sorella e ai nipoti, tutti emozionantissimi.
Il corso di laurea
“Mancava solo mio figlio – dice il neo laureato in Scienze e tecniche psicologiche – lavora per una compagnia aerea e vive all’estero, purtroppo non è riuscito ad organizzarsi”. F.G. aveva abbandonato gli studi in Economia a 20 anni “per pigrizia”, dice. Adesso il suo corso di laurea in studi globali, storia, politiche e cultura, si è concluso nei tempi previsti, in tre anni, con una media del 29,7.
Midiri: “Segnale concreto della forza della cultura”
“Vorrei proseguire con la biennale – spiega – e poi, se sarò ancora in forze, mi piacerebbe prendere anche un’altra laurea in Fisica”. F.G. è il secondo detenuto che consegue un percorso di laurea all’Unipa.
“Un segnale concreto della forza trasformativa della cultura – dice il rettore dell’Università, Massimo Midiri – l’articolo 27 della nostra Costituzione, prevede che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato”.
“Un passo importante”
“Un passo importantissimo, perché bisogna rendere le condizioni dei soggetti privati della libertà sempre più umane, vivibili e dignitose”, ha sottolineato il garante regionale dei detenuti, Antonino De Lisi.
In questi tre anni l’ex imprenditore ha studiato “tra la biblioteca” e quella che definisce la “camera di detenzione”.
Di compagni di stanza ne ha visti passare tanti “alcuni mi criticavano vedendomi studiare, io ho tirato dritto per la mia strada”. La sua tesi dedicata alle nuove guerre ma soprattutto al concetto di pace “parte da un’analisi del post guerra fredda. Sono immagini orripilanti quelle che ci giungono da Gaza, dall’Ucraina e da tanti luoghi dove appare una realtà sconcertante: bambini che muoiono di fame e adulti disperati. Dove è finita la pace? È soltanto uno slogan o è qualcosa che vogliamo per davvero?”, conclude.

