Dimenticare Palermo è un vecchio film che attori in giacca e cravatta continuano a girare come in un beffardo ciak senza fine, che spettatori più che paganti continuano a guardare per la beffarda sorte che ha portato lì le loro esistenze, tra quegli anonimi spicchi di città che si portano dietro un destino cucito addosso… Aspettando l’ennesimo guitto e il suo fantasmagorico trailer elettorale. Ciak! E quel film si gira, ancora. Passano le stagioni, cambiano i governi, scorre l’acqua sotto i ponti e nei sottopassi e quel film si gira ancora. Fatevi un giro anche voi. Ci sono vie che sembrano nascoste al mondo, microcosmi di giornate e stagioni che si trascinano in una confortevole, noiosa routine. L’asfalto che brucia sotto il sole e piange d’abbandono all’insolenza della pioggia; passi frettolosi che solcano marciapiedi, che schivano cartacce, che scalciano pensieri spontanei come erbacce tra la polvere e il cemento; saracinesche di putie che tirano a campare, saracinesche abbassate perché nessuno ci andava a comprare; lampioni senza luce e senza speranza; palazzi scoloriti, tenuti insieme dai panni stesi ad asciugare; panni che han sudato di fatica e trasudato gioventù; file di automobili familiari che marcano il territorio; scritte sui muri come epigrafi senza tempo; e più in là, alla fine della strada, uno frammento di cielo rende omaggio alle chiome troppo folte d’alberi testardi ed ingombranti. Sono le vie dimenticate, anonimi segmenti di vite palermitane, dove batte il cuore vero di una città europea che quasi sembra vergognarsene. Nessuno se ne occupa, nessuno ci va mai. Nessuno fa niente. “C’è chi fin là non giunge mai”, cantava Renato Zero, ma è là la vera Palermo… aspettando l’ennesimo guitto ed il suo fantasmagorico trailer elettorale. Al prossimo ciak.
Sono le vie dimenticate, anonimi segmenti di vite palermitane, dove batte il cuore vero di una città europea che quasi sembra vergognarsene.
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