Palermo, le dimissioni, il cancro e la morte: 6 medici a giudizio

Dimettono un paziente col cancro, poi la morte: sei medici a processo

Si tratta dei sanitari in servizio in una clinica

PALERMO – Aveva il cancro, niente tac e lo hanno dimesso, ma è morto. Sei medici della clinica Triolo Zancla sono stati rinviati oggi a giudizio dal gup Ermelinda Marfia con l’accusa di omicidio colposo. Si tratta dei sanitari in servizio nel reparto di medicina generale che hanno avuto in cura dal 9 al 15 aprile del 2021 il paziente Antonino Giannilivigni morto dopo essere stato dimesso dal reparto e ricoverato d’urgenza all’ospedale Buccheri La Ferla dove i medici hanno eseguito un intervento.

I nominativi

I medici Nicolino Cannata, Giovanni Fazio, Loredana Sutera, Gaspare Milana, Salvatore Buccheri e Giovanna Falcone, difesi dagli avvocati Giovanna Vernuccio e Gabriele Butera dovranno comparire il 20 dicembre di quest’anno dinanzi alla quinta sezione penale del Tribunale di Palermo.
I familiari della vittima si sono costituiti parte civile, assistiti dall’avvocato Giuseppe Cannizzo. Erano stati proprio i familiari a presentare denuncia ai carabinieri per accertare le cause della morte ed eventuali responsabilità da parte dei medici.

La perizia sul cancro

Nella perizia medica della consulente della procura, Ginevra Malta, si legge: “Era innanzitutto fondamentale escludere la presenza di una patologia gastrica o una occlusione intestinale che motivasse il vomito e, risultando negativa l’ecografia, farlo quantomeno mediante un esame Tac addome. Tale scostamento, alla luce della patologia, cancro al colon, e delle statistiche di sopravvivenza della stessa in fase complicata, è da considerarsi, nella pratica medico-forense, causa di un ritardo diagnostico durante il quale la patologia si è ulteriormente aggravata”.

“È altamente probabile – si legge ancora – che se nei giorni del ricovero presso la struttura il paziente fosse stato sottoposto anche solo ad indagini radiodiagnostiche non invasive, quali la Tac (ma anche una semplice radiografia diretta dell’addome), la diagnosi di carcinoma al colon stenosante sarebbe stata formulata in tempo congruo da consentire un accesso in sala operatoria in regime di elezione, verosimilmente in stato di occlusione e non di perforazione. La prognosi è fortemente compromessa dalle complicanze settiche conseguenti alla perforazione”.


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