PALERMO – Licenziato per giusta causa. Accusato di assenteismo e di avere violato gli ordini del suo superiore. È una vicenda destinata a fare scalpore quella di Silvio Nicolaci, 62 anni, dirigente dell’assessorato regionale alla Funzione pubblica. Il decreto con cui viene mandato a casa è stato firmato, il 20 marzo scorso, dal dirigente generale Luciana Giammanco. Nicolaci è pronto alla battaglia legale. “Forse ho rotto degli equilibri senza saperlo. Ho una dignità da difendere – dice – , nessuno mi ha contestato nulla o ha trovato pecche nel mio comportamento in tanti anni di lavoro (è stato assunto nel 1989 ndr)”.
Sul capo di Nicolaci era già piovuto un provvedimento di sospensione per un mese dal servizio. Poi, le cose sono degenerate e si è arrivato al licenziamento. A Nicolaci viene contestato l’assenza dal posto di lavoro – lo avrebbero cercato in ufficio senza trovarne traccia – e il suo rifiuto al trasferimento ad un nuovo incarico. Nel febbraio con la rotazione dei dirigenti generali voluta dal governatore Rosario Crocetta alla Funzione pubblica arriva la Giammanco. Ad agosto, con un decreto firmato dal governatore le funzioni dell’Ispettorato passano ad una unità operativa. Nicolaci, che dell’ispettorato era il dirigente, non avrebbe accettato i nuovi compiti.
L’elenco delle contestazioni è corposo. Viene accusato di “non avere mai preso servizio presso l’unità operativa di base”, “di non avere provveduto al passaggio di consegne al dirigente che lo ha sostituito”, di non avere timbrato il cartellino “in entrata e in uscita, malgrado più volte richiamato”, di avere usufruito di “otto giorni di congedo senza alcuna autorizzazione”, di avere “concluso un’attività ispettiva senza che il dirigente generale ne fosse informato”. Le conclusioni del decreto pesano come un macigno: “I fatti contestati non sono costituiti da singoli episodi censurabili ma da una serie di comportamenti ripetuti nel tempo che hanno comportato la lesione del rapporto fiduciario”. Da qui il decreto il recesso del contratto per giusta causa notificato a Nicolaci dall’Ufficio procedimenti disciplinari”.
Una ricostruzione che Nicolaci non accetta e racconta la sua versione dei fatti: “Dopo che le competenze del servizio sono passate all’unità operativa, sono state messe a bando nuove postazioni dirigenziali. Partecipo e chiedo l’affidamento di un nuovo servizio. Ritenevo di aver i titoli. Faccio la domanda. E non ricevo alcuna risposta. Silenzio assoluto”. Nel frattempo, viene assegnato all’unità operativa. “A mia insaputa e di autorità”, dice Nicolaci che aggiunge: “Mi hanno tolto la stanza, ero uno zingaro nel dipartimento. Dicono che mi hanno cercato con il commesso. Perché non mi hanno chiamato al telefonino di servizio? Dicono pure che timbravo in entrata e non in uscita. Ma lo prevede il contratto. Mi si deve valutare sui risultati che raggiungo”.
E Nicolaci vuole vederci chiaro. È convinto che la faccende professionali nulla c’entrino e si è affidato ad un legale. Non vuole mandare al macero i suoi ventidue anni di servizio nel corso dei quali ha svolto mansioni delicate: dalle ispezione per l’abusivismo nella Valle dei Templi alla verifica dei piani urbanistici di tanti comuni in giro per la Sicilia.