PALERMO – Dalla scorsa settimana Elio Sanfilippo è il segretario provinciale di Sicilia democratica a Palermo. Il movimento di Lino Leanza, nato dalla scissione di Articolo 4, dopo aver raccolto adesioni dall’area moderata o da orfani del centrodestra, si rafforza a sinistra. Dopo l’avvocato Nino Caleca, da sempre vicino alla sinistra palermitana, approdato in giunta su indicazione di Leanza, un altro pezzo della sinistra come lo storico leader delle cooperative approda nel soggetto politico sicilianista alleato del Partito democratico.
Segretario, a cosa si deve questo avvicinamento di esponenti della sinistra come lei al movimento di Leanza?
“Certamente questo dimostra che c’è un certo disagio nell’area progressista in Sicilia. Anche perché non riesce a decollare un progetto riformista che rimetta la Sicilia in movimento. Si è aperta una fase politica nuova, che io chiamo terza repubblica: con l’avvento di Renzi ci sarà una scomposizione della politica dei partiti. Tramontato il berlusconismo viene meno quella fase politica che vedeva da una parte Berlusconi e dall’altra chi voleva combatterlo. Questo porterà una scomposizione delle forze politiche”.
Sì, ma perché Sicilia democratica?
“Sicilia democratica si innesta in un progetto originario che fa riferimento al cattolicesimo democratico e alla dottrina sociale della chiesa, e dobbiamo dare atto all’onorevole Leanza di un salto di qualità, perché ora il movimento si contamina con il riformismo socialista e con il filone dell’autonomismo di sinistra di cui noi siamo eredi”.
In questo processo la nomina di Nino Caleca in giunta è stata strategica?
“E’ stata una scelta coraggiosa dell’onorevole Leanza quella di dimostrare questa apertura con la designazione dell’avvocato Caleca ad assessore. Un atto politico concreto. E speriamo che sia l’occasione per recuperare terreno, quel terreno che la Sicilia ha perso nei confronti dello Stato. Perché non ha più testa. Il nostro progetto è naturale alleato al Pd, ma noi diciamo: lealtà ma non subalternità”.
Cosa intende dire quando parla di una Sicilia che “non ha più testa”? Si riferisce a un deficit del governo regionale?
“Non c’è più un pensiero politico nuovo, come fu per la stagione dell’autonomia, per il milazzismo con le sue luci e ombre, per l’era di Piersanti Mattarella. C’era un pensiero, una dignità della politica siciliana nei confronti del Paese. Noi pensiamo che l’autonomia depurata dai guasti sia l’unico strumento per riprogrammare il futuro. Tanto più che se non facciamo le riforme subito, non riusciremo ad agganciare la ripresa. Renzi parla della necessità di un triplo salto. Serve anche alla Sicilia”
Lei cita Renzi, e fino a poco tempo fa lei era vicino all’area renziana del Pd siciliano. Perché ha scelto di andare altrove?
“Io sono stato tra i soci fondatori dell’area renziana, con Davide Faraone. Ma noi riteniamo che la Sicilia debba avere qualcosa di più, recuperare autonomia dal potere romano. I partiti nazionali antepongono gli interessi generali a quelli della Sicilia. Abbiamo avuto molte prove di questo: dalle ferrovie all’energia. D’altronde, la Sicilia è sempre servita come trampolino di lancio per carriere nazionali: qui invece noi vogliamo costruire una nuova classe dirigente siciliana”.
Come Sicilia democratica vi peserete alle urne? Ci sono le amministrative alle porte…
“Il primo riferimento per noi sono i comuni. Devono tornare a essere l’asse attorno a cui fare ruotare una politica di sviluppo. In provincia di Palermo saremo presenti con simbolo e lista ovunque, chiaramente in alleanza col centrosinistra”.
E anche alle regionali, quando sarà il momento, correrete col vostro simbolo?
“Si vedrà, si valuteranno anche le leggi elettorali”.
Senta, per scendere nei contenuti, le chiedo un commento su una vicenda ben precisa. Lei è un leader del mondo delle cooperative. Qualche mese fa per pagare i forestali la Regione ha prosciugato i fondi per il credito agevolato alle piccole imprese, un provvedimento che fu votato anche dal movimento dell’onorevole Leanza. Lei come la vede?
“La vedevo allora e la vedo ancora oggi come un fatto negativo. Noi ci aspettiamo che questa finanziaria pur nel rigore faccia un’inversione di tendenza. Bisogna puntare a investimenti produttivi, guardare alla piccola e media impresa. Ecco la questione siciliana: un capovolgimento necessario da regione parassitaria a regione autonomista. È questo il sogno dei padri dell’autonomismo”.