Domani l’ex numero due del Sisde Bruno Contrada – condannato in via definitiva nel 2007 a dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa per aver aiutato boss di Cosa Nostra a sfuggire alle retate della squadra mobile di Palermo – tenta di nuovo, in Cassazione, di chiedere la revisione del suo processo. L’udienza si terrà innanzi alla Seconda sezione penale. L’ex poliziotto per motivi di salute ha ottenuto gli arresti domiciliari. Già il 27 febbraio dello scorso anno, Contrada – difeso anche allora, come domani, dall’avvocato Giuseppe Lipera – aveva provato a sostenere che erano state trascurate prove a suo favore e che, contrariamente da quanto deciso dalla Corte di Appello di Caltanissetta nel 2010, aveva diritto a un nuovo processo. I supremi giudici gli risposero che il suo ricorso mirava solo a “sollecitare un vero e proprio quarto grado di giudizio, con la rivisitazione complessiva del materiala probatorio acquisito”. La Cassazione nel verdetto di condanna del 2007 – seguito da una precedente assoluzione, annullata dai supremi giudici – contò ben nove ‘azioni’ di fiancheggiamento a Cosa Nostra accertate nel processo ed esulanti dal racconto dei pentiti. Tra queste, i rapporti critici di Contrada con il capo della Mobile, poi ucciso dalla mafia, Boris Giuliano, e l’inerzia investigativa addebitatagli dall’ex questore di Palermo Vincenzo Immordino che lo estromise. Poi c’é stato il giudice Ferdinando Imposimato che smentì Contrada nel tentativo di mitigare il suo apporto alla fuga del boss John Gambino implicato nel finto rapimento di Michele Sindona. Contrariamente da quanto sostenuto dalla difesa di Contrada, contro l’ex superpoliziotto non c’è stato un “complotto” di pentiti, ma molti “qualificati e autorevoli testimoni” – ha scritto la Cassazione – che hanno parlato della sua vicinanza ai clan.
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