PALERMO – Dove essere un “Nazareno giurgintano”. Ma quello che è uscito fuori è un pastrocchio. Imbottito di accuse incrociate, prese di distanze, finzioni. Una “coalizione ampia” per una città con tanti problemi. Questa la spiegazione che danno i sostenitori del progetto “Agrigento 2020” che adesso, dopo le primarie, ha un candidato alla poltrona di primo cittadino, Silvio Alessi. Sostenitori, a dire il vero, di estrazione assai diversificata. Varia. C’è il presidente della Regione Crocetta e il suo assessore agrigentino Mariella Lo Bello. C’è anche il segretario provinciale del Pd Zambito, insieme al parlamentare nazionale di Forza Italia Riccardo Gallo Affllitto. Eccola lì l’ombra del “Nazareno”.
Un’ombra ingannevole. Perché la “sostanza” è molto diversa. Dietro la riedizione di un “patto per le riforme”, declinato come “patto per la città” c’è un insieme di contraddizioni e incongruenze. Intanto, la presenza stessa di Forza Italia. C’è o non c’è in quella coalizione? I sostenitori dell’accordo si affrettano a precisare che in quella coalizione è presente solo la lista civica “Patto per il territorio”, che “certamente – ammette Zambito – presenta esponenti di Forza Italia, ma anche dell’area socialista, che fa capo a Piero Macedonio”. Tutta un’altra cosa. Peccato che, dal canto suo, il partito “ufficiale” abbia preso le distanze da quel patto. Con un certo, sospetto ritardo a dire il vero, visto che le trattative andavano avanti ormai da mesi. Ma tant’è. Pochi giorni fa il coordinatore Vincenzo Gibiino ha escluso categoricamente l’impegno di esponenti di Forza Italia nelle primarie di centrosinistra. Un “alt” rivolto proprio a Riccardo Gallo Afflitto, vero sponsor del candidato vincente alle primarie. E, fatto non proprio marginale, vicecoordinatore di Forza Italia in Sicilia. Insomma, il patto l’ha fatto Forza Italia, oppure no? E c’è poi anche da capire se gli esponenti azzurri che quel patto l’hanno sposato, sono ancora all’interno dell”ortodossia” del partito, ribadita del resto dal consigliere di Berlusconi, cioè Giovanni Toti (“Nessun esponente del partito ha ricevuto l’autorizzazione da Silvio Berlusconi a partecipare a primarie di altre forze politiche”).
Ammesso e non concesso che Forza Italia (nella sua veste ufficiale) possa aver firmato il patto per “Agrigento 2020”, resta da capire, per ricalcare l’ipotesi-Nazareno, con chi avrebbe siglato l’accordo per le riforme per il bene della città. Perché il Pd è dilaniato. Se infatti il segretario regionale Fausto Raciti ha “benedetto” quelle primarie, i renziani di Agrigento si sono persino affrettati a firmare un documento in cui parlano esplicitamente di “ammucchiata”. Peccato che, a primarie ancora calde, ecco arrivare la dichiarazione di quello che fino a oggi è stato considerato tra i renziani più influenti. Soprattutto in quel territorio, visto che Marco Zambuto è anche stato il sindaco di Agrigento: “La partecipazione alla primarie – ha detto – è per noi è il segnale di una voglia di cambiamento e partecipazione”.
Il problema è spiegarlo ad altre aree del partito. Durissime, infatti, sono state le prese di posizione ad esempio del deputato regionale e tra i primi “renziani” di Sicilia, Fabrizio Ferrandelli: “Le chiacchiere del lunedì da Bar Sport – ha detto – le lascio a chi ha straperso in casa e si accontenta di contare i tifosi. Ma i numeri dicono un’altra cosa: il candidato del Pd, sostenuto da autorevoli esponenti locali e nazionali, ha ottenuto 800 voti, molto meno degli iscritti al Pd di Agrigento e solo un terzo dei voti dell’uomo di Berlusconi. Basterebbe solo questo per mandare in panchina i protagonisti questa sconfitta. Queste primarie sono la ‘cronaca di una morte annunciata’: quella della politica”. Sulla stessa lunghezza d’onda il parlamentare nazionale Giuseppe Lauricella: “Complimenti ai vari Gallo e Cimino – ha detto – che hanno approfittato del ‘genio’ dei dirigenti e deputati Pd della provincia. Ma così è un ‘vincere facile’. Ora saranno soddisfatti i ‘dirigenti’ Pd con due candidati del centrodestra. Si è consumata – ha aggiunto – una assurdità politica. Ma chi non ha condiviso l’imbroglio- ha concluso Lauricella – non rinuncerà a sostenere un candidato che guardi all’interesse di Agrigento e non agli interessi politici personali, che certamente non può essere quello uscito dalle “falsarie’”.
Il Pd si spacca, quindi, in maniera evidente. E perde. Particolare, quest’ultimo, passato quasi in secondo piano, nell’eforia della “partecipazione” alle primarie. Epifanio Bellini, il candidato democratico e chiara ‘vittima sacrificale’, ha ricevuto 800 preferenze, contro le oltre duemila di Alessi. E a sorridere sono quelle aree che si sono solo recentemente scoperte di centrosinistra. A cominciare dall’agrigentino Michele Cimino e dal suo Pdr che tramite il coordinatore provinciale Paolo Ferrara parla di “politica seria, quella cioè che mette al centro il territorio, la gente, gli umori. Il Pdr – spiega – ha voluto in questo caso dare un segnale importante, l’onorevole Cimino ha voluto creare un momento di sintesi politica con il preciso obiettivo, a mio parere raggiunto, di uscire da un pantano pre elettorale, in cui si rischiava di fare sguazzare biscie e coccodrilli”. E adesso, in vista delle elezioni può succedere di tutto. Altro che “patto per Agrigento”. Altro che alleanza per le riforme, per la rinascita della città. Doveva essere una specie di “Nazareno agrigentino” si è trasformato in un pastrocchio. Il “tipico” Caos.