Una giornata livida. Una giornata in cui tutti i rancori si sono mischiati al calcolo politico. Il risultato? Una crisi che va verso l’epilogo. Il premier Mario Draghi, domani, alla Camera, dovrebbe annunciare le dimissioni, secondo quanto si apprende, dopo la seduta fiume al Senato.
Il Senato, tecnicamente, ha confermato la fiducia al governo approvando la risoluzione sulle comunicazioni del presidente del Consiglio presentata da Pier Ferdinando Casini con 95 voti a favore e 38 contrari. Ma senatori di M5S, Lega e Fi non hanno votato: i pentastellati si sono dichiarati “presenti non votanti”, salvando il numero legale. Tuttavia, è chiaro che siamo agli sgoccioli e che le dimissioni si presentano inevitabili, perché i cocci di una esperienza in frantumi sono vistosi. Dopo l’annuncio alla Camera il Presidente del Consiglio dovrebbe salire al Quirinale dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e concludere il suo mandato. C’è già una data sussurrata per le possibili elezioni: il 2 ottobre.
Le reazioni sono veementi. “In questo giorno di follia il Parlamento decide di mettersi contro l’Italia. Noi abbiamo messo tutto l’impegno possibile per evitarlo e sostenere il governo Draghi. Gli italiani dimostreranno nelle urne di essere più saggi dei loro rappresentanti”. Lo scrive su Twitter il segretario del Pd Enrico Letta.
“Siamo diventati il bersaglio di un attacco politico, siamo stati messi alla porta, non c’erano le condizioni perché potessimo continuare con leale collaborazione”, così il leader del M5S Giuseppe Conte, uno degli altri terminali della crisi, come hanno raccontato le cronache di questi giorni.
“Se tutto va bene si potrà votare anche tra due mesi, noi siamo pronti“, dice Giorgia Meloni, leader di Fdi. Intanto, altrove, nel centrodestra, si litiga di brutto. “Questa Forza Italia non è il movimento politico in cui ho militato per quasi venticinque anni: non posso restare un minuto di più in questo partito”. La nota è di Mariastella Gelmini, ministro per gli Affari regionali e le autonomie, che aggiunge: “Forza Italia ha definitivamente voltato le spalle agli italiani, alle famiglie, alle imprese, ai ceti produttivi e alla sua storia, e ha ceduto lo scettro a Matteo Salvini”.
Dunque, il premier con un indice di gradimento internazionale molto alto viene rimandato a casa. Il suo tentativo di ricucire, di riprendere il discorso della maggioranza e del suo ‘patto’ è fallito. Un terremoto politico che non potrà non elargire fibrillazioni anche in Sicilia, nell’agenda delle primarie che il Pd sta per celebrare con i Cinque Stelle, nella sfida tra Caterina Chinnici e Barbara Floridia, con Claudio Fava che potrà giocare le sue opportunità pure sul tavolo del pasticciaccio romano. Per il centrodestra si apre una fase diversa, alla ricerca di una sintesi che appare meno lontana. Un nuovo contesto che avrà il suo peso nelle prossime elezioni regionali. Specialmente se verranno celebrate sull’onda di un successo nazionale.