Il boss Antonino Cintorino dalla cella, sebbene sottoposto a regime di 41 bis, il cosiddetto carcere duro, continuava a dare ordini e a ricevere benefici economici dalla sua ‘famiglia’. E’ quanto emerge dall’inchiesta sull’omonima cosca che è culminata con l’emissione di un ordine di carcerazione per 32 indagati eseguita la notte scorsa da carabinieri e guardia di finanza di Catania. Antonio Cintorino è infatti tra i destinatari del provvedimento restrittivo perché accusato di avere ancora, sebbene detenuto, un ruolo apicale nell’organizzazione mafiosa. Comunicava servendosi di pizzini con frasi criptate che dava a altri carcerati, non ristretti al 41bis, che li facevano uscire. Uno di questi sarebbe Carmelo Porto, che si serviva di un familiare, che è tra i destinatari dell’ordine di arresto ma è attualmente irreperibile, che portava all’esterno i messaggi che le erano affidati. Le indagini di carabinieri e guardia di finanza, che si sono avvalse di intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno permesso di accertare come all’interno della cosca, specializzata in traffico di droga e estorsioni, oltre alla mutua assistenza come il pagamento di ‘stipendi’ anche agli affiliati detenuti, ci fossero dei contrasti nella gestione della ‘cassa comune’. Il gruppo, inoltre, nelle amministrative del 2007 avrebbe appoggiato un candidato alle Comunali di Calatabiano di una locale lista civica, ma senza riuscire a farlo eleggere. Il destinatario degli ‘aiuti’ non risulta indagato. L’inchiesta ha fatto luce anche su un vasto traffico di stupefacenti tra la Sicilia, la Spagna e la Colombia, sfociata con l’arresto di alcuni corrieri legati al clan Cintorino nella Penisola Iberica e al sequestro di 15 chilogrammi di cocaina. Gli investigatori hanno anche sequestrato, a scopo preventivo, 26 immobili, tra terreni e fabbricati; 40 tra autocarri, autovetture e motoveicoli; 19 tra società ed imprese individuali, compresa una famosa azienda agrituristica e vinicola, per un valore complessivo di diversi milioni di euro.
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