PALERMO – Non è morto a Palermo, ma a Milano che era diventata la sua seconda casa. L’esecuzione della pena era stata sospesa. Già l’anno scorso i giudici lo avevano trasferito in un centro medico a Bologna dopo un violento ictus. Gaetano Fidanzati, 78 anni, lungo l’asse Milano -Palermo del resto ha costruito la sua carriera criminale e la sua fortuna illecita. Uomo del narcotraffico negli anni Settanta, capomafia dell’Arenella, tra i primi a capire che in terra meneghina si potevano fare soldi a palate. In carcere l’ultima volta c’era finito a dicembre 2009. Nello stesso giorno in cui a Palermo mettevano le manette ai polsi di Gianni Nicchi, Fidanzati veniva fermato a Milano.
Sulla sua testa pendeva una nuova, l’ennesima, richiesta di arresto. Era nella centrale via Marghera, strada dello shopping. Agli uomini della Squadra mobile milanese disse di essere Augusto Ciano. Quando capì di non avere più scampo, dietro i suoi occhiali scuri, a goccia, chiese una sigaretta ai poliziotti. Anche loro stavano facendo shopping. Liberi dal servizio, ma quella faccia, la faccia d Fidanzati, non poteva non essere notata da chi gli dava la caccia da tempo. In carcere c’era finito, una delle prime volte, al tempo del maxi processo a Cosa nostra. Terminata di scontare una lunga pena – nel frattempo gli erano piovute addosso altre condanne per droga – era tornato libero nel 2007 e si era ripreso il posto che meritava.
Prima al vertice della famiglia dell’Acquasanta e poi dell’intero mandamento. Era la consacrazione per il boss originariamente affiliato alla cosca di Bolognetta di cui resteranno piene zeppe le informative degli investigatori di mezzo mondo. Informative che ricostruivano i grandi narcotraffici internazionali di droga. Fidanzati vendeva eroina ai sudamericana in cambio di cocaina che spacciava tra Palermo e la Milano da bere.
Dopo la condanna al maxi processo lo arrestarono in Argentina dove Giovanni Falcone era volato per interrogarlo. Bocca cucita. Solo poche parole per dichiararsi prigioniero politico. Nel 2008 nella mafia che provava a riorganizzarsi c’era ancora una volta il suo zampino. Blitz dei carabinieri Perseo: Fidanzati deteneva il bastone del comando all’Arenella e dintorni. Pochi mesi prima, in quello stesso anno, un commando di cinque persone massacrava a bastonate un tossicodipendente palermitano, Giovanni Bucaro, che aveva picchiato la figlia del capomafia, indicato come il mandante del delitto.
Ma Fidanzati era ormai latitante. Si rifugiò nella sua Milano dove ha investito fiumi di denaro. Lui e i suoi familiari. Come hanno dimostrato anche le recenti indagini che hanno coinvolto i figli di Vittorio Mangano Il capoluogo lombardo è sempre stata la sua seconda casa. Basta ricordare un episodio in bianco e nero per capirlo. Nel 1970 una macchina viene fermata ad in posto di blocco in via Romilli. A bordo ci sono Tommaso Buscetta, Gerlando Alberti, Gaetano Badalamenti e Tanino Fidanzati. Quarant’anni dopo in via Marghera ci sono tre anziani che parlottano. Uno di loro non è un tranquillo signore, ma lui, il boss dell’Arenella. Che all’Arenella è tornato per esservi sepolto.