E se il Partito Democratico siciliano finalmente cambiasse verso? Mi spiego. Con buona pace di Marco Travaglio a me la Leopolda siciliana è piaciuta. Un grande evento, con una incredibile partecipazione, sentita e appassionata, concentrata sulla logica “del fare”. C’è ancora voglia di politica e mi appaiono ingiusti gli attacchi palesemente precostituiti a tavolino, mi riferisco allo scontro da Michele Santoro tra Travaglio e Davide Faraone (guarda su Livesicilia il video del Fatto), nei riguardi di una manifestazione che raccogliendo circa cinquemila presenze non si può, se si conserva nei giudizi un minimo di obiettività, definire “di corrente” o la riunione degli “avanzi, dei rimasugli cuffariani e lombardiani”.
Con la medesima schiettezza e con intento esclusivamente costruttivo, che spero venga colto, dico che considero un errore pensare di allargare la base del consenso aprendo a esponenti appartenuti a soggetti politici che sono stati, o lo sono tuttora, abbastanza coinvolti in stagioni e con personaggi totalmente da dimenticare. Tentare di tenere insieme l’adesione libera e disinteressata a un progetto di trasformazione, di chi non ha appartenenze e tessere, e i voti irreggimentati di altre e distanti provenienze è in aperta contraddizione, a mio parere, con lo spirito della Leopolda renziana. Ecco il punto, l’elemento da cui trarre le ragioni per cambiare verso nel Pd siciliano, appellandomi ai dirigenti e ai parlamentari. Non possiamo rischiare di vedere ridotta ad un semplice dettaglio la coerenza personale, nei confronti di un preciso quadro di valori, rispetto all’ipotetico numero di voti portati in dote da chi è spinto da impulsi ben più pragmatici.
Ciò, al di là del caso d’attualità. Sembrerebbe che oltre al muro di Berlino, che ha spazzato via le contrapposizioni ideologiche, siano crollate anche le alternative visioni del mondo, della vita e della politica, così non è. Brutto messaggio dato ai giovani. Se il messaggio, infatti, è che puoi rimanere nei meccanismi del potere, agganciandoti al carro del vincitore, indipendentemente da ciò che sei stato e hai fatto, salta tutta la scala dei valori, si ribalta, e i trenta denari in cambio dell’anima, nell’immaginario collettivo, diventa l’unico modo di intendere e di praticare la politica, se non la stessa esistenza umana. Non si tratta di intestardirsi in superbe chiusure o di affermare una presunta purezza della sinistra, difficilmente sostenibile, quanto piuttosto di cambiare verso appunto, di dare segnali di netta discontinuità, di rottura con le ambiguità e i privilegi dei palazzi del potere, di rigore nelle scelte, per riconfermare che mai il fine giustifica i mezzi e che la qualità dei mezzi deve essere pari a quella degli apprezzabili obiettivi che si vogliono raggiungere.
Tra l’altro, neanche tutto ciò servisse a garantire una migliore attività di governo e amministrativa, macché, i problemi, concluse le operazioni di riciclaggio, ce lo insegna l’esperienza, restano interi nella loro drammaticità, come prima. In aggiunta hai perso in credibilità, guadagni mille voti e ne hai lasciati per strada diecimila. Se, poi, la generosa apertura a politici che sono stati con Cuffaro, Lombardo e Berlusconi, serve per puntellare un governo regionale che, invece, per la sua manifesta inadeguatezza, al netto di singole ottime presenze, andrebbe mandato a casa, c’è da registrare un ulteriore errore. Il Pd, regionale e nazionale, ha in proposito un’enorme responsabilità di cui potrebbe pagare il conto alle prossime elezioni, se non interverranno radicali e tempestive inversioni di rotta. Non vorrei che consapevole del pericolo cerchi, fin da adesso, di limitare i danni assicurandosi pezzi d’apparato politico in libera uscita. Non è la missione giusta, non corrisponde, soprattutto, alle promesse fatte ai potenziali elettori, in atto fuggiti verso l’astensionismo o populismi protestatari. Io penso che il percorso da compiere sia diverso, capovolgendo la prospettiva e ponendosi dalla parte del cittadino non delle nomenclature. In sintonia con il senso profetico e innovativo della originaria Leopolda fiorentina, bisogna aumentare il consenso collegandosi al sentimento diffuso della gente che vuole buona politica, attenzione ai diritti, ai meriti, sensibilità verso la sofferenza di vaste fasce della società, soluzioni ai mille drammi vissuti quotidianamente, abolizione di ogni privilegio della casta. Bisogna cercare il voto convinto di chi, ormai, non crede più nella politica, nelle istituzioni, nella classe politica siciliana.
Il voto consapevole di chi, giovane, pensionato, imprenditore, disoccupato, è stanco di essere costantemente tradito e considerato un suddito della periferia dell’impero da spremere nei momenti della chiamata alle urne. Solo un Partito Democratico lanciato in tale coraggiosa sfida, da tradursi in concreta e adeguata azione di governo, potrà definirsi il partito del rinnovamento e del domani. Sennò, siamo di fronte al solito copione, riveduto e corretto, di un film già visto, francamente per nulla accattivante.