“La moglie di Santapaola aveva chiesto il mio intervento per il 41 bis”. Parole dell’arcivescovo Luigi Bommarito durante l’interrogatorio del processo per le infiltrazioni mafiose nella festa di Sant’Agata. Le dichiarazioni sono contenute in un verbale di cui Livesicilia può svelarvi il contenuto. Quando era in ballo la questione del 41 bis negli anni ’90, Maria Grazia Minniti, moglie del boss Nitto Santapaola, si sarebbe rivolta proprio all’arcivescovo di Catania Luigi Bommarito. “La mamma mi aveva pregato… -ha detto Bommarito interrogato dal pm Antonino Fanara- una volta erano venuti perché io intervenissi contro il 41 bis…”. Secondo il racconto dell’arcivescovo Bommarito. La moglie di “Nitto”, sarebbe stata preoccupata per le sorti del figlio Enzo, adesso detenuto proprio al 41 bis e difeso dall’avvocato Francesco Strano Tagliareni. “Le raccomando i miei figli a cui lei ha dato la cresima -avrebbe detto la signora Santapaola secondo il racconto di Bommarito- che si allontanino da certe strade…”.
Vent’anni dopo, stessa Chiesa, stessa famiglia mafiosa, Luigi Bommarito è interrogato perchè alcuni Santapaola si sarebbero infiltrati nella festa di Sant’Agata. Ai primi posti, nel circolo religioso della Basilica “Collegiata”, c’erano Nino e Francesco Santapaola, figlio di Nitto. Accanto agli alti porporati, proprio sul fercolo Sacro, il Gico della Finanza ha fotografato uno dei Mangiòn nel posto che spetterebbe al sacerdote. Addirittura, sotto la casa di un mafioso, si sarebbe fermata la processione dando il via ai fuochi di artificio per festeggiare la scarcerazione.
Ma Bommarito non si sarebbe accorto di presenze mafiose, tanto da sostenere che in caso contrario sarebbe stato “molto duro”, e che il commendatore Luigi Maina, cerimoniere della festa, di sicuro lo avrebbe avvertito. Secondo l’informativa del Gico, proprio Maina sarebbe inciampato nella Cattedrale, salvato al volo da uno dei Santapaola.
In una prima fase d’indagine, gli investigatori del Gico avevano denunciato anche il segretario del circolo religioso catanese, l’autonomista Emanuele Spampinato, manager di primo livello, che guida la “Sicilia e servizi”. I pm, è doveroso precisarlo, non hanno ritenuto sussistere elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio nei confronti di Spampinato.