PALERMO – Gratitudine e apprezzamento per il gesto del governo, ma anche frustrazione, aspre critiche e paura di quello che verrà dopo. Sul tema dei ristori economici nazionali, gli imprenditori e le associazioni di categoria sono divisi o in alcuni casi fra i due fronti. A Palermo la ristorazione sembra essere stata raggiunta dal primo contributo: il 200 per cento del precedente sostegno ricevuto a giugno, ovvero la differenza fra il fatturato di aprile 2019 e quello di aprile 2020. Ancora però non tutti i ristoratori hanno avuto gli aiuti, mentre per quanto riguarda altre categorie produttive non ci sono grandi novità.
“Boccata d’ossigeno”, ma…
“Ho ricevuto il ristoro martedì – racconta Francesco Carnevale, titolare di Balata –. È arrivato con puntualità e con modalità semplicissime. Indubbiamente serve a far fronte a certe difficoltà momentanee, ma è già chiaro a tutti che nei prossimi mesi serviranno ulteriori interventi. Per quasi tutte le attività di questo settore, un ristoro del genere copre solo una parte dei costi di un mese di fermo quasi totale. Ovviamente se sei quasi fermo si abbassano moltissimo certi costi – precisa – ma non quelli fissi. E i dipendenti al lavoro ovviamente li paghi. In questo mestiere se rispetti le regole, i contratti e il rapporto qualità prezzo non marginalizzi più del 15-20 per cento”.
Giuseppe D’Arpa di Skk ha ricevuto il contributo del 200 per cento pochi giorni fa e lo definisce “una boccata d’ossigeno. Sinceramente è andata come mi aspettavo, perché il ristoro ricevuto a giugno era arrivato nei tempi previsti e stavolta poteva solo andare meglio visto che un canale si era ormai aperto. Poi certo, più che ristoro lo chiamerei un sussidio. Utile, perché abbiamo perso fino al 75 per cento di fatturato, ma serve a respirare per non più di un mese e mezzo. Apprezziamo lo sforzo del governo – sottolinea D’Arpa – ma si naviga a vista giorno per giorno. Pensare a quello che può succedere in inverno mi fa paura a livello imprenditoriale e personale: vaccino a parte si tratterà ancora una volta di sopravvivere, economicamente e a livello di salute”.
“È una goccia nel mare – commenta Daniela Sclafani, de La locanda del gusto, tra i beneficiari già dalla metà della scorsa settimana –. Soprattutto considerato che il 16 novembre è la scadenza per pagare l’F24. Per una realtà come la nostra, che a ottobre aveva all’attivo diciassette dipendenti, praticamente i soldi andranno via per le tasse”. D’altro canto viene apprezzata “la buona volontà dello Stato, in un contesto in cui non si può certo fare finta che lo Stato stia meglio di noi. In ogni caso – conclude – non mi è chiara la ratio del basarsi sul fatturato di aprile. Perché non su maggio o ottobre, che sono due mesi molto importanti per la ristorazione?”.
Chi invece ha una posizione molto critica nei confronti del governo Conte è lo chef Natale Giunta, che ha due società fra Roma e il capoluogo siciliano. “Proprio su Palermo, dove conduco la maggior parte dei miei affari, non ho ancora ricevuto nulla – dice -. Non si parla di mancato guadagno ma di perdite pazzesche, e questo ristoro è una ‘mancetta’ sulle perdite. Intanto però l’imprenditore si indebita per pagare i costi fissi. Un aiuto con cui coprire solo il 10 per cento dei costi non è corretto”. Giunta fa un esempio concreto: “Per quanto riguarda la società palermitana mi spetterebbero 18 mila euro da spalmare fra ottobre, novembre e dicembre. Il problema è quanto costano sei immobili a livello di utenze fisse, consulenze, banche, merce ormai in scadenza. La cifra può arrivare fino a cinque volte il ristoro, che quindi alla fine non è nulla”.
L’allarme di chi non avrà i ristori
Nel momento in cui scriviamo sono ancora tante le attività al palo. Come le palestre, profondamente ferite dallo stop totale: il presidente dell’Anif Sicilia Germano Bondì non ha traccia di eventuali ristori, sui quali la categoria si era già espressa su Live Sicilia.
“Ma c’è comunque un problema per tutti gli altri – rilancia invece il responsabile dell’Area produzione di Confesercenti Palermo, Nunzio Reina –. Parliamo di attività rimaste aperte che non avranno gli aiuti ma soffrono ugualmente. Per loro nessun piano B, solo i fatturati in crollo”. Reina, parrucchiere, contestualizza nel proprio ambito: “Siamo stati premiati per l’esecuzione dei protocolli anti Covid, ma restando aperti abbiamo dimezzato gli incassi. Allora perché non confrontare il fatturato 2019 con quello di 2020 anche in questo caso, e dare contributi commisurati? Confesercenti chiede che vengano riconosciute tutte le attività che soffrono”.
Lancia l’allarme anche Annibale Chiriaco, alla guida della sezione Agroalimentare di Sicindustria Palermo, che parla di “un’emergenza senza precedenti: il crollo degli ordini e il dramma delle microimprese della filiera produttiva e di distribuzione agroalimentare che oggi si trovano di fronte al rischio di chiusura. I decreti Ristori e Ristori bis garantiscono alcuni settori produttivi e di distribuzione ma lasciano fuori la stragrande maggioranza della filiera che c’è a valle”. In sostanza, denuncia Chiriaco, i cali drastici di bar e ristoranti non possono che intaccare anche la filiera di produzione agroalimentare. Sicindustria Palermo si riallaccia alla posizione espressa dalla sezione Alimentari di Confindustria Catania: sotto accusa l’esclusione dei codici Ateco “dimenticati” dai provvedimenti del governo, ma anche dalla Regione nell’ambito del Bonus Sicilia.
Chiude il giro di critiche Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio Palermo. “Non è possibile che nel decreto Ristori bis non sia prevista alcuna misura straordinaria nei confronti di tutti quegli esercizi del commercio al dettaglio per i quali la chiusura obbligatoria non è stata prevista dall’ultimo Dpcm”. Di Dio rileva come le condizioni imposte sia dai provvedimenti nazionali e locali abbiano “creato uno scenario del tutto simile a quello di un lockdown, invitando le persone a limitare al minimo gli spostamenti, con inevitabili gravi conseguenze per la tenuta delle attività commerciali che hanno subito una sorta di ‘lockdown degli acquisti’”. Fra le misure sollecitate da Confcommercio Palermo figurano l’erogazione di contributi a fondo perduto sulla base della differenza dei fatturati, la sospensione dei versamenti dei contributi e delle tasse, la cancellazione della seconda rata dell’Imu e il credito d’imposta sul canone di locazione.