Aveva deciso di vivere con rassegnazione e compostezza la sua permanenza in carcere. Poi, Totò Cuffaro ha cambiato idea. Composto e rispettoso delle istituzione, fa sapere, lo sarà sempre, ma l’ex governatore prova a giocarsi una nuova carta. Quella del ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. In particolare, non ha mandato giù due episodi. Il suo avvocato, il penalista romano Manlio Morcella che affida a livesicilia.it le sue uniche dichiarazioni ufficiali, usa, com’era lecito attendersi, un linguaggio giuridico.
I concetti, però, sono chiari. Cuffaro ritiene innanzitutto che potrebbe esserci stato un accanimento giudiziario nei suoi confronti. “Per fare chiarezza si precisa – spiega il legale – che il dottor Cuffaro aveva in animo di scontare in maniera rassegnata la pena che gli è stata inflitta. Nonostante non condividesse e non avesse mai condiviso la giustezza della sentenza. Di ciò è dimostrazione l’assoluta compostezza con la quale, nel rispetto di tutte le istituzioni, magistratura per prima, si è costituto in carcere”. Segue il passaggio cruciale del legale. Cuffaro ha seguito dal carcere le vicende processuali dell’attuale governatore siciliano, Raffaele Lombardo. Ha visto trasformarsi l’accusa a carico del suo successore da concorso esterno in mafia a voto di scambio. Nel documento della difesa è finita pure una dichiarazione rilasciata dall’eurodeputato Rita Borsellino a Livesicilia: “Mi faccia mettere un minuto nei panni di Cuffaro. Ma io, se potessi essere nei suoi panni e non lo sono, mi chiederei: perché io sì e altri no?”. L’interrogativo della Borsellino è diventato lo stesso di Cuffaro e dei suoi familiari: “L’inaspettato appello avverso la sentenza di assoluzione da parte della procura della Repubblica, in ordine al contestato concorso esterno in associazione che poggia sui medesimi fatti ancorché diversamente qualificati – prosegue la nota del legale – abbinato a notizie di cronaca giudiziaria su casi in qualche modo equiparabili al proprio ma giunti a valutazione giuridica opposta, lo hanno indotto a riconsiderare l’atteggiamento da tenere”.
Atteggiamento che “rimarrà comunque rispettoso delle Istituzioni, magistratura compresa, ma che seguendo anche il pressante invito dei familiari lo spinge a fare valutare da una corte internazionale l’avvenuta osservanza o la verificatasi lesione di principi di diritto penale interno e internazionale che hanno caratterizzato la sua vicenda processuale allo stato definita”. Infine l’avvocato entra nel merito del ricorso. Che punta il dito contro la frase, ormai celebre (“avia ragione Totò”) che la moglie di Giuseppe Guttadauro pronunciò dopo avere trovato una microspia nella casa del capomafia di Brancaccio. Era stato Cuffaro ad avvertire Domenico Miceli. Su questo punto il legale certo che la procura abbia reso un clamoroso abbaglio: “Preme sottolineare che nel ricorso a Strasburgo, insieme a ulteriori argomenti, è stata prospettata da un lato la violazione del principio di legalità, anche in ordine alla valutazione delle prove, e segnatamente all’intercettazione ambientale di assunta natura colpevolista che apprezzati tecnici reputano inintellegibile; dall’altro la medesima violazione si è prospettata con riguardo al trattamento sanzionatorio posto che l’aggravate dell’articolo 7, che la stessa Procura generale della Cassazione non aveva ritenuto sussumibile, è stata comunque applicata due volte”. Infine la nota del legale sottolinea “l’abuso delle pressioni mediatiche che hanno accompagnato l’iter processuale e che si sono esteriorizzate in combinazione con momenti nevralgici nell’evoluzione del giudizio. Rimane, al di là di questa riappropriazione piena del diritto di difesa, nonostante il passaggio in giudicato della sentenza, la scelta di assoluta compostezza di Cuffaro”.