Emergency sceglie Catania |Strada: "Basta guerre" - Live Sicilia

Emergency sceglie Catania |Strada: “Basta guerre”

Intervista a Cecilia Strada.

CATANIA – La “E” rosso-cerchiata di Emergency arriva a Catania per uno dei momenti associativi più importanti dell’anno. Il sedicesimo incontro nazionale dell’organizzazione fondata nel 1994 da Gino Strada e dalla moglie Teresa Sarti e presieduta oggi dalla figlia Cecilia, monterà le tende in una città che più di altre sta affrontando l’emergenza migranti nel Mediterraneo. Esattamente dal 22 al 25 giugno. Quattro giorni di lavori, dibattiti, arte e musica per quattro location differenti: il Teatro Massimo Vincezo Bellini, Palazzo della Cultura, l’Odeon e Piazza università. Temi importanti, che fanno rima con guerra, povertà, diritti calpestati e assistenza alle popolazioni che soffrono l’utilizzo infame delle armi non convenzionali, le mine antiuomo in particolare.

Cecilia Strada, allora: perché proprio Catania?

“Intanto perché è una città stupenda. E poi perché la Sicilia, negli ultimi anni, con grande affetto e passione, ha accolto sempre i nostri volontari e i nostri operatori sanitari. Il primo ambulatorio aperto in Italia è stato aperto proprio in Sicilia, a Palermo. Quindi ci è sembrato giusto tornare qui per ringraziare questa terra e per restituire un po’ della storie che abbiamo avuto modo d’incontrare in questi anni, storie di guerra e storie di pace. Storie di stranieri, ma anche d’italiani. Tutte storie che girano attorno al tema dei diritti e dei diritti negati”.

Quello catanese è il XVI incontro nazionale. Lo definite così, ma nei fatti è una vera e propria festa. Sembra un paradosso rispetto agli argomenti che toccate con mano, non trova?

“Beh, già parliamo di temi pesanti… se possiamo farlo con allegria, magari con una risata, meglio è. Quello di cui ci occupiamo è sì molto serio, ma è allegra la voglia di cambiare la stortura delle cose che vediamo nel mondo. D’altronde le madri argentine di Plaza de Mayo, che combattevano per i loro figli scomparsi, dicevano non c’è lotta senza allegria. E io sono abbastanza d’accordo con loro”.

Catania è la città in cui opera Carmelo Zuccaro, il procuratore delle sulle Ong. Cosa ci dice in merito alle cose dette in commissione Shengen?

“Come Emergency siamo rimasti un po’ dispiaciuti, pur non essendo parte in causa del soccorso in mare. Abbiamo ritenuto poco utile che si facesse una polemica del genere, con toni del genere e non supportati da fatti. Accuse di simile gravità richiedevano prove straordinarie, che a quanto pare non ci sono state. Questo dibattito ha fatto perdere l’occasione di parlare di cose concrete”.

Quali?

“Chi sono i trafficanti? Come lavorano? Come si fa a fermarli? Ma anche: chi sono i volontari che salvano le persone in mare? Come lavorano e come possiamo aiutarli? Qual è il ruolo dell’Europa in tutto questo? Dell’Italia? E perché la maggior parte dei naufraghi, oggi, sono soccorsi in mare da uomini delle Ong?”

Perché, appunto?

“Il motivo è ovvio: le navi della Marina sono arretrate ed è stato lasciato uno spazio vuoto. Sarebbe opportuno affrontare queste cose, che sono cose serie, e con la dovuta serietà. Ovviamente, senza fare sconti a nessuno. Perché le Ong serie sono le prime a voler saper se ci sono delle mele marce. E chi ha commesso reati deve pagare”.

Quindi?

“Credo che si è persa una buona occasione per parlare di fatti. Invece, si è disseminato, odio, discredito, sfiducia e anche razzismo. E questo non fa bene a nessuno”.

Incontrerà Zuccaro in questi giorni?

“Se verrà ai nostri incontri, mi farà piacere scambiare due parole con lui”.

Accennava prima al disimpegno di Mare Nostrum. Come credete debba essere affrontata la crisi migranti?

“Non c’è mai stata una crisi di questa portata nella storia, partiamo da qui. E questo perché non ci sono mai stati così tanti posti da cui la gente deve scappare. Noi lavoriamo in questi posti: Afghanistan, Iraq, Sudan, Sierra Leone, etc. Sicuramente, bisogna rimuovere le cause che portano le persone a lasciare le proprie terre”.

In altre parole?

“Bisogna smettere di fare le guerre e smettere di vendere armi a tutto il mondo, come fa l’Italia. Bisogna smettere con le cause della povertà. È solo una parte dei rifugiati quella che arriva in Europa. Non c’è nessuna invasione. Sarà proprio questo, a proposito, uno dei temi che dibatteremo al Teatro Massimo Bellini”.

Quali devono essere le condizioni dell’accoglienza?

“Ci vogliano condizioni di accoglienza dignitose, ovviamente. Sia per chi arriva, che per le comunità già presenti. Altrimenti avremo le famose persone che vanno in giro, come si dice, a bighellonare. Ecco, quelli sono i risultati di sistemi burocratici, evidentemente, tutti da rivedere”.

Papa Francesco parla di una terza guerra mondiale spezzettata in corso. Uno scenario che vi riguarda?

“Pensi che dopo sedici anni di guerra al terrorismo in Afghanistan, attualmente c’è un aumento delle vittime civili e fra queste i bambini. I risultati? Siamo più terrorizzati di prima, il terrorismo è più diffuso di prima e continuano ad aumentare le vittime. E aumentano i profughi. Qui c’è qualcosa che non va, e nei prossimi giorni a Catania cercheremo di far venire allo scoperto un po’ di queste contraddizioni”. 

Ci vuole più informazione in tal senso?

“Mi faccia dire una cosa: non bisogna essere soltanto solidali, ma anche furbi. Fermare le guerre, aiutare chi ha bisogno, costruire diritti, non è solo un modo per essere generosi, io non mi sento affatto generosa, è un modo di evitare di procedere in questa spirale di guerra, che, ci piaccia o no, ci travolge tutti”.

Si spieghi meglio.

“Non si tratta di essere buoni, men che meno buonisti, si tratta di capire che la strada della guerra ci porterà tutti in mutande se saremo ancora vivi. La strade dei diritti, ma solo se per tutti, altrimenti si chiamano privilegi, è quella che può costruire la pace”.

La politica internazionale pare che va da un’altra parte, però?

“Infatti, non mi aspetto che siano i governanti o i proprietari delle fabbriche d’armi a far finire le guerre. Ma i cittadini sì, che sono sempre quelli che ne pagano il conto”.

 

 

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