PALERMO – Da Riscossione Sicilia sono andati via tutti, pochi giorni dopo l’insediamento. In Sas non c’è ancora un amministratore, mentre scoppia la “grana” degli interinali. Nella Società interporti invece di amministratori ne sono stati cambiati quattro in un quattro mesi. Mentre altrove a guidare le aziende sono ancora, in molti casi, amministratori “transitori”. È il grande caos delle Partecipate regionali. Al quale fa da “specchio” la confusione degli enti regionali, a cominciare dall’intoccabile Eas, dagli Iacp ancora in piedi, passando per Ircac e Crias a un passo da un accorpamento che deve però avere il via libera di una recalcitrante Assemblea regionale.
C’è una “Regione parallela” dove si fa fatica a trovare un’oasi di tranquillità. Una condizione che riflette in parte anche difficoltà puramente “politiche”: quelle dei rapporti tra la giunta di Musumeci e alcuni partiti della coalizione, oltre a quelle riguardanti il rapporto tra gli stessi partiti.
La fuga da Riscossione
Ogni caso ha ovviamente la sua storia. Ma il quadro adesso è preoccupante. Quello maggiormente allarmante riguarda Riscossione Sicilia, già al centro di troppe polemiche nel recente passato. L’addio precoce del cda guidato da Domenico Achille e completato da Michelangelo Patanè e Graziella Germano ha fatto emergere, stando anche a una nota del governo regionale, la gravità della situazione di un’azienda delicatissima come quella della Riscossione. Gravità che il governatore Musumeci ha detto di conoscere, attribuendo la responsabilità della situazione di oggi delle aziende regionali alle gestioni passate: “Riscossione Sicilia – ha detto – non è la sola a destare preoccupazione: sono numerose in Sicilia le società vigilate che sopravvivono in spregio alle più elementari regole di buona amministrazione, ragione per la quale nella legge finanziaria di recente approvazione abbiamo inserito la norma che prevede la sostituzione degli amministratori inadempienti sull’approvazione dei bilanci. Non si può far finta – ha aggiunto Musumeci – di non vedere questa vasta palude da bonificare. Tolleranza zero dal nostro governo nei confronti di furbetti e spregiudicati”.
In realtà, però, in molte di queste società, il socio unico è proprio la Regione. Cioè, in pratica, il governo Musumeci. Che però deve scontare anche le difficoltà di una maggioranza che non sembra andare sempre nella stessa direzione del governatore. E Riscossione è proprio un esempio in questo senso. Se il presidente della Regione ha infatti affermato che presto la giunta nominerà un nuovo cda che completerà il progetto previsto dalla legge regionale (cioè la liquidazione di Riscossione), nella stessa maggioranza sono tanti i deputati che preferirebbero tenere Riscossione Sicilia in piedi, in qualche caso “sventolando” il vessillo autonomista. Un fatto piuttosto curioso, se si pensa che meno di un anno fa, sempre l’Assemblea regionale ha approvato proprio la legge che autorizza la Regione a chiudere l’azienda, trasferendo i dipendenti all’Agenzia delle entrate.
L’invincibile Esa
E così, il caso Riscossione rischia di trasformarsi in un altro “caso Esa”. L’ente regionale (non si tratta di una partecipata in questo caso) che il governo Musumeci avrebbe voluto sopprimere. Ma anche in questo caso è arrivato l’”alt” della politica all’Ars: niente da fare, l’Esa resta dov’è. E così, ecco saltare persino dal Collegato che dovrebbe rifare capolino oggi all’Ars, la norma che prevedeva la chiusura dell’antico carrozzone dell’Agricoltura. In quella legge sono rimaste almeno le norme che prevedono l’accorpamento di Ircac e Crias e la chiusura degli Iacp con la nascita dell’Agenzia per la casa. Si tratta di due delle poche norme della Finanziaria originaria del governo rimaste nel testo dopo l’intervento demolitore dell’Ars. Ma anche in questo caso, ecco i dubbi: l’esame della “Finanziaria-bis” slitta di settimana in settimana, per motivi uno diverso dall’altro. E c’è qualcuno che, sornione, a Palazzo dei Normanni è pronto a scommettere che il ddl non vedrà mai la luce.
Il valzer di Sis, il vuoto di Sas
Intanto, dalla Società interporti siciliani, ironia del nome, è tutto un partire e arrivare. A salpare lontano dall’azienda o ad attraccare, sono stati quattro amministratori in appena quattro mesi. L’Ast invece (guidata da Rosaria Barresi) deve gestire un futuro complicatissimo: quello che potrebbe portarla, anche sulla scia di alcune pronunce di tribunali di altre Regioni, fuori dalle prossime gare per i servizi di trasporto pubblico locale, senza contare i dubbi sui finanziamenti già erogati in passato e che potrebbero essere giudicati degli illegittimi “aiuti di Stato”.
Ancora in piedi invece il caso Sas. E anche qui, le frizioni tra governo e maggioranza non sono solo sullo sfondo. Anzi. La società è infatti ancora senza un amministratore unico, dopo l’addio del crocettiano Sergio Tufano. Chi dovrebbe scegliere il nuovo presidente? Il governo, appunto, visto che la Regione è socio unico di Sas. Ma anche in questo caso, ecco lo stallo. Che ha messo in una posizione assai scomoda il “facente funzioni”, cioè il presidente del collegio sindacale Francesco Malfitano, costretto, per forza di cose, a gestire l’incandescente vertenza dei 44 lavoratori che hanno perso in appello la causa per l’assunzione. Rischia di doverli licenziarli lui, insomma, dando esecuzione alle sentenze, se non verrà prima scelto il nuovo presidente con pieni poteri.
I ‘transitori’ da quattro mesi
Ma la nomina tarda ad arrivare, proprio perché tra governo e maggioranza non c’è accordo sul nome. Nel frattempo, in altre aziende sono ancora al vertice i cosiddetti “transitori”, amministratori “in prestito” che il governo di Musumeci ha pescato tra uffici di gabinetto e dirigenti interni. Dovevano restare giusto il tempo di far passare le elezioni politiche, nomi utili ad attuare lo spoils system, ma anche a sottrarre dalla campagna elettorale le nomine stesse. Ma intanto, dal 4 marzo sono trascorsi 105 giorni. E in molti casi (vedi il Cas, l’Irsap, l’Ast, l’Irfis…) siamo ancora fermi lì, con gli amministratori provvisori. Intanto, dove c’è un amministratore, non è che arrivino buonissime notizie. Dario Corona, oggi al vertice di Sicilia Digitale (l’ex Sicilia e-servizi) ha spiegato alla Commissione bilancio che, stando così le cose, l’azienda che gestisce tra le altre cose, il Centro per le prenotazioni mediche o le buste paga dei dipendenti regionali o i servizi informatici delle ambulanze siciliane, ha sì e no quattro mesi di vita. Insomma, al di là dell’eredità del passato, a sette mesi dall’insediamento del nuovo governo, la vicenda partecipate somiglia sempre più a una emergenza.