In silenzio subivano il racket| Pizzo pure sulla maxi vincita Snai - Live Sicilia

In silenzio subivano il racket| Pizzo pure sulla maxi vincita Snai

I pentiti ricostruiscono la mappa delle estorsioni

PALERMO – Una decina di estorsioni. Tutte subite in silenzio. La mafia di Barcellona Pozzo di Gotto impauriva i commercianti e li zittiva. Persino i vincitori di una grossa somma di denaro alle slot machine furono costretti a piegarsi al volere dei boss.

Il procuratore di Messina Maurizio De Lucia, l’aggiunto Vito Di Giorgio e i sostituti Fabrizio Monaco e Francesco Massara hanno raccolto le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Carmelo e Francesco D’Amico, Nunziato Siracusa e Aurelio Micale. Sono confluite nell’ordinanza di custodia cautelare che stamani ha raggiunto 58 persone.

Quest’ultimo ha raccontato: “Nell’anno 2011-2012 circa un tale… che ha un negozio di barbiere, insieme ad un tale… che successivamente aprì una rivendita di pesce vinsero 500 mila euro giocando a una slot machine presso il centro scommesse Snai di Barcellona, sito nella via Longano”.

Antonino Calderone incaricò Franco Munafò “di richiedere del denaro ai due vincitori. Franco Munafò si rivolse allo zio Munafò Massimiliano, il quale era in buoni rapporti con i titolari dell’impresa presso la quale lavorava il padre del barbiere”. E alla fine i soldi sarebbero arrivati: il padre del barbiere consegnò cinque mila euro a Calderone.

L’elenco degli estorti prosegue con il titolare di un vivaio che, hanno riferito i pentiti, fu agganciato da “Carmelo Alesci”. Per convincerlo a pagare gli incendiarono le serre e il commerciante sborsò “circa 3.000 euro in occasione di ogni festività”.

Carmelo D’Amico ha ricostruito la vicenda del pizzo imposto al titolare di una serie di agenzie funebri. “Non è una estorsione… diciamo che praticamente pagava – ha detto D’Amico – dava una certa somma di soldi a Vito Foti per farci stare buoni”. Il pagamento sarebbe iniziato “dagli anni ’90. Gli dava a volte dieci milioni, a volte cinque milioni, poteva dare circa trenta milioni di lire l’anno. Ci teneva buoni perché aveva tutte queste entrate… soldi ne ha un’infinità”. L’imprenditore i soldi li avrebbe fatto non solo con i servizi funebri, ma pure con i prestiti a usura.

Da anni pagherebbero il pizzo, da quando esisteva ancora la lira, pure i titolari di due concessionarie di auto, il gestore di un acquapark, il titolare di una discoteca e un commerciante di marmi.

 

 

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