Ex pentito a capo degli estortori |"Vi facciamo saltare in aria" - Live Sicilia

Ex pentito a capo degli estortori |”Vi facciamo saltare in aria”

Di LAURA DISTEFANO - A capo dell'organizzazione che avrebbe vessato per mesi un imprenditore di Belpasso ci sarebbe stato Alfio Licciardello, già condannato per associazione mafiosa ed ex collaboratore di giustizia. L'inchiesta della Procura è scattata dopo la denuncia della vittima ai carabinieri di Paternò.

L'operazione dei carabinieri
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Alfio Licciardello

CATANIA – Alfio Licciardello pretendeva di diventare il “monopolista” del formaggio a Belpasso. E per conquistare la fascia di leadership del settore caseario e distruggere la concorrenza aveva deciso di usare i metodi mafiosi, acquisiti nella sua affiliazione nel Clan dei Malpassotu. Licciardello nel suo curriculum criminale ha, infatti, una condanna nel 1996 per associazione mafiosa quale esponente di spicco della cosca facente capo a Giuseppe Pulvirenti, detto U Malpassotu. Alfio Licciardello era rientrato da poco a Belpasso: per un periodo era stato allontanato in quanto ammesso ad un programma di protezione legato al fatto che era diventato collaboratore di giustizia.

A febbraio la vittima si presenta dai carabinieri e denuncia Licciardello. “Vuole sottrarmi l’azienda” è stato il grido d’allarme dell’imprenditore di Belpasso. Dalle indagini del Nucleo Investigativo è emerso che il boss a novembre dello scorso anno aveva “fatto convocare” un cugino dell’imprenditore al quale aveva “intimato” di non lavorare più per l’impresa casearia del parente ed anzi aveva chiesto – con tanto di intimidazioni – l’elenco dei fornitori e dei clienti.

Nelle settimane successive anche l’imprenditore è stato “convocato” da Licciardello: l’imposizione era quella di consegnargli 25 litri di latte ogni sera. Un rifornimento che continua fino ad aprile. A bussare alla porta di casa della vittima a quel punto vengono inviati dal “capo” il cugino, Salvatore Licciardello e il cognato, Roberto Leuci: questa volta la pretesa sarebbe stata la consegna di 130 capi di bestiame con la minaccia che li avrebbero fatti “saltare in aria” tutti in caso di un rifiuto.


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