Tra programmi, battute e qualche siparietto gustoso, è andata in scena la seconda tranche del confronto tra candidati sindaci alla sede della Confapi, sigla delle piccole e e medie imprese. Il menu stavolta prevedeva una gustosa cinquina composta dalla pasionaria Rossella Accardo, candidata del movimento dei forconi, Massimo Costa, sostenuto da Pdl, Udc e Grande Sud, Leoluca Orlando, che ha il sostegno di Idv, Fds e Verdi, Tommaso Dragotto, a capo del movimento Impresa Palermo e Antonio Pappalardo, generale dei carabinieri in pensione candidato per la lista civica Il Melograno.
Sul tavolo i problemi della città e le ricette dei candidati, sollecitati dai vertici di Confapi. Prima di salire, stretta di mano in via La Farina tra Orlando e Costa, al loro primo incrocio da candidati. Quando il dibattito parte, muovendo dai conti disastrati del Comune, la Accardo la prende subito da lontanissimo, raccontando degli esordi del suo studio professionale. È un fiume in piena, la devono richiamare più volte alla brevità, lei però non demorde e propone “a questo pugno di amici” (gli altri candidati presenti) le sue idee per il rilancio del turismo e per un decentramento autentico che rilanci i quartieri, attraverso le “oasi autosostenibili”.
Costa è il più professionale nell’esporre con rapidità i punti salienti del suo programma già illustrati la settimana scorsa. Parla di “quadro economico desolante”, accenna ad “esuberi di personale”, sottolinea la necessità di rivitalizzare i beni pubblici e di rafforzare l’ufficio per i fondi europei. Tema ripreso da Orlando, che attacca con il refrain dei tempi d’oro quand’erasindacolui e ricorda i grandi progetti portati avanti all’epoca con i fondi comunitari. Il prof è più bravo degli altri nell’ammansire la platea e gigioneggia non poco. Parla di “gestione stralcio” per Gesip e per Amia, bisogna mettere un punto rispetto al passato e ricominciare riacquistando nuova credibilità e, in forza di ciò, credito dalle banche. Bisogna “aprire ai mercati internazionali ma senza farsi colonizzare”, predica l’ex sindaco. Tommaso Dragotto insiste su un piano di ristrutturazione del bilancio, attraverso la vendita di partecipazioni come quella in Gesap che potrebbero ripianare debiti, e parla di un’unica holding per le partecipate. “Attento – lo mette in guardia Costa – se metti una mela bacata accanto a una buona, finiscono male tutt’e due”. Pappalardo fa il mattatore: cita Einstein, chiede a gran voce la privatizzazione dei servizi pubblici, si irrita perchè Dragotto parlotta con orlando mentre lui parla, riconosce all’ex sindaco di aver svolto “un’opera mirabile”. Ma poi sentenzia amaro, e teatrale: “Il palermitano ha perso la voglia di vivere”. Ahi.
Si riprende fiato e si ricomincia. La Accardo rimprovera Pappalardo: come fai a dire che la mafia non esiste? Lui, per la verità, ha detto di tutto, ma proprio questo no, e giustamente si incazza. Costa, accompagnato da staff tutto armato di iPad d’ordinanza, riporta l’evento a un registro manageriale e parla di mappatura dei servizi e digitalizzazione della pubblica amministrazione. Orlando torna a rievocare i bei tempi che furono con una battuta ardita: “Se ci fanno l’impianto idraulico a casa e un bambino lo rompe, chiamiamo ad aggiustarlo chi ce l’aveva fatto”. I presenti si guardano in faccia smarriti e si prosegue, con l’ex sindaco che lancia un’altra proposta: spedire tutti i diciottenni per un anno all’estero con una borsa finanziata dal Comune. Tocca di nuovo a Pappalardo, sciccoso con bretelle e foulard, che illustra le meraviglie dei dissociatori molecolari per trasformare l’immondizia in energia.
L’ora si fa tarda, la stanchezza affiora. La Accardo invita “gli astanti” per domenica alla chiesa di Santo Spirito per ricordare i Vespri siciliani. “Portate le bandiere”, si raccomanda. Nessuno si premura di chiederle quali, ma Costa, seduto accanto a lei, annuisce bonario. Poi però si acciglia quando Orlando accenna qualche posa demagogica parlando di Gesip e Amia, appellandosi ai lavoratori: “Per favore, limitate i danni alla città. Non avete bisogno di questo per attrarre l’attenzione, la mia ce l’avete già tutta”. Costa a quel punto si inserisce, bacchettando implicitamente il Prof: “Non si faccia campagna elettorale su questo. La situazione è grave e non si possono prendere in giro i lavoratori, che stanno a cuore a tutti i candidati”. Il generalissimo taglia corto con una perla delle sue: “Due sono le cose più perniciose degli ultimi vent’anni: l’Lsd e gli Lsu”. Amen.
Un giornalista rinfaccia a Costa gli errori di Cammarata e del suo seguito, oggi accodatosi all’ex presidente del Coni. “Io mi sento pastore, non pecora”, risponde impassibile il candidato rivestendo per un attimo i panni del filosofo combattente piovuto dall’Antico testamento. Ma ci ride su anche lui, rilassato. Qualcuno nel porre una domanda cita il “Dum Romae consulitur…” di Pappalardo, il generale ride sotto i baffi. “Ovviamente parlavo del cardinale”, precisa l’intervistatore. “Non aspiro a tanto!”, si schermisce il generale. Grande allegria in sala, finisce a foto ricordo e rinfresco. Fino al colpo di scena finale con l’irruzione delle Iene che s’aggrappano a Orlando come cozze rinfacciandogli la frase “non mi candido manco in aramaico”. La tirano per le lunghe fino al marciapiede di via La Farina, ma l’ex sindaco non batte ciglio e risponde a tono prima di prendere l’auto che lo porta all’appuntamento con il commissario Latella.
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