Cammarata, la 'risposta' a Orlando

Orlando e i ‘problemi irrisolti’ di Palermo

La lettera dell'ex sindaco Cammarata

Caro Direttore, come sta? Le devo confessare che mi è mancato. In realtà mi siete mancati entrambi. Come, chi è l’altro, Direttore? Lui, Leoluca.
Ho letto la sua intervista. Le posso dire? È meraviglioso!
A me lui piace molto, mi ricorda Pippo Baudo quando diceva: “Questo l’ho inventato io”. Parla dell’interdipendenza come se l’avesse inventata lui, come quelli che scoprono l’acqua calda.

Palermo è da secoli che ha capito che l’interdipendenza è un valore economico e sociale imprescindibile e, come lei sa, è andata oltre, generando, in maniera naturale, processi di accoglienza e solidarietà non comuni.

Palermo e i suoi cittadini hanno da sempre compreso che, senza interdipendenza, non avrebbe neppure senso parlare di integrazione e che, senza integrazione, non si sarebbe dato un senso positivo all’interdipendenza generata dalle migrazioni. Bisogna dire la verità, però: lui agli immigrati ha sempre dedicato grande attenzione.

Si ricorda quando durante la campagna elettorale per le Europee le raccontò l’aneddoto del ristoratore felice di avere in cucina gli immigrati? “A che mi serve un italiano?”, gli avrebbe detto il ristoratore, “il più scarso di questi parla tre lingue”.
Secondo me, però, non se lo ricordava bene quell’aneddoto, si sarà confuso.

A lui succede ogni tanto quando racconta le sue storie. È successo ai più grandi bugiardi della storia, si figuri se non può succedere a lui che dice sempre la verità.

Forse, però, se avesse detto che il ristoratore gli aveva parlato degli immigrati in sala o di quelli addetti alle pubbliche relazioni, gli sarebbe venuta meglio, anche più verosimile.

Direttore, può essere mai in cucina? a cosa potevano servire al ristoratore i cuochi poliglotti? Sì, certo, tra di loro è importante che si capiscano, soprattutto sugli ingredienti da usare. Pensi che disastro se non si capiscono. Boh, che vuole che le dica? Lui è fatto così.

Eppure, come dice lei, nell’accordo o nel disaccordo vale la pena di leggere e di ascoltare quello che ha da dire, a lei per gli spunti polemici che offre, a me invece diverte il tono teatrale e talvolta anche poetico con cui racconta le sue fandonie.

Direttore, ha presente quando gli ha chiesto come vedeva la città? “Prigioniera di un frangente di estrema sofferenza”, le ha risposto. Non so a lei, ma a me ha ricordato Giacomo Leopardi. Mille problemi irrisolti, tra disagio ed episodi di estrema violenza. Mille problemi irrisolti? Ora, tesoro mio, con tutta la pazienza che uno può mettere, ci vuole veramente un bel coraggio a parlare di problemi irrisolti.
Se ci sono problemi irrisolti, io mi chiedo: da dove provengono questi problemi? Possono mai attribuirsi a Lagalla?

Direttore, da dove vuole che cominci? Vogliamo parlare delle casse comunali sull’orlo del dissesto Orlando ha lasciato un disavanzo accertato di 505 milioni di euro al 31.12.2021, un vero disastro, visto che io gli avevo lasciato invece un avanzo di oltre 23 milioni di euro (e con me chiacchiere non ne può fare, perché il mio avanzo è stato certificato proprio da lui – delibera n. 115 della giunta Orlando – approvazione rendiconto di gestione anno 2011).

Direttore, mi dica la verità: a proposito di problemi irrisolti, lei non si è messo a ridere quando le ha detto che lo sconcio delle bare insepolte ai Rotoli si è risolto perché la sua giunta aveva già predisposto tutto?

Io sì, Direttore, e ho pensato che era senza pudore (basterebbe guardare tutti i servizi che LiveSicilia aveva fatto su questa scandalosa vicenda).

Poi, però, ho fatto una riflessione e ho pensato: poverino, si sarà confuso. In effetti, l’assessore della giunta Lagalla che ha risolto la questione si chiama proprio Orlando. Vabbè, si chiama Totò, uguale, che differenza c’è? Sempre Orlando è.

Direttore, la capisco, anche, lei ha sempre avuto grande pazienza nelle occasioni in cui l’ha intervistato. Anche con me, per carità. Una volta, però, le scappò un… ‘Addirittura!’.

Fu quella volta in cui in una intervista durante la campagna elettorale per le elezioni europee le aveva dichiarato: “La gente ha tanta paura. Molti mi telefonano e mi dicono proprio così: Luca, abbiamo paura”.
Lagalla era stato eletto da poco e ovviamente non lo menzionò come causa di quella paura.
Le devo confessare che lo chiamai anch’io in un momento di sconforto.

Qualche sera prima delle elezioni pioveva a dirotto, lampi, tuoni, una serata tremenda, di quelle che ti mettono i brividi e che, quando sei bambino, ti fanno correre nella camera dei tuoi genitori per cercare conforto e un rifugio sicuro. Direttore, io ovviamente non sono più un bambino, ma le devo confessare che avevo paura e cercavo chi potesse in quel momento rappresentare per me la ‘salvezza’.

Mi sono detto: che faccio? lo chiamo? Come chi, Direttore? Lui, Luca dico. Avevo appena letto la sua intervista su LiveSicilia. Preso dal panico, ho preso il cellulare e l’ho chiamato. Niente, Direttore, non mi ha risposto. Anzi, era occupato.

Direttore, ma lei ci pensa quante telefonate avrà ricevuto di gente che gli diceva: “Luca, abbiamo paura”? Peccato, però, ero curioso di sentire cosa mi avrebbe risposto. Perché, Direttore, nell’intervista non lo dice.

A questi che lo chiamavano e gli dicevano: “Luca, abbiamo paura”, lui cosa rispondeva? Sta’ tranquillo, penso a tutto io: “impedirò l’intreccio perverso tra la burocrazia efficace di Bruxelles e il sovranismo intollerante della destra. Il mediterraneo non sparirà”. Io mi sarei terrorizzato ancora di più ad una risposta del genere!

Direttore, le posso dire? Lui raggiunge picchi di genialità… Lei gli chiede: non c’è un eccesso di esagerazione nel suo ritratto della città? E lui risponde: sa cosa ho percepito al Festino? “Dopo tantissimi fischi, quando Lagalla è salito sul carro, è calato un silenzio tremendo, molto più duro del dissenso. Palermo non riconosce questo sindaco”.

È meraviglioso, questa cosa non è mai successa. Ma di quale silenzio parla? La rappresentazione fatta da lui ha un intento chiaro, vuole solo dire che i palermitani hanno pensato: ma chi è questo? perché non è salito il Sinnacollando?

Peccato, direttore, io me lo ricordo da giovane, era brillante, intelligente; purtroppo, poi, si è ammalato di ‘sindachite’ acuta, con l’aggravante della sindrome del “sinnacollando”.

Lui è convinto di essere sempre sindaco anche quando non lo è. Si tratta di una sorta di appropriazione di identità, lui Orlando e il sindaco di Palermo sono la stessa cosa, un’unica identità come Sinnaccollando.
Chiunque, quindi, occupi quel posto al di fuori di lui è soltanto un impostore, un usurpatore che non è legittimato a occupare quel posto.

Che tenerezza che mi fa quando s’inorgoglisce raccontando che continuano a chiamarlo ‘sindaco’.
Direttore, la sa una cosa? Lo fanno anche con me, immeritatamente, certo, ma non glielo dica, ci potrebbe rimanere troppo male.


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